Data

Date:
24-01-2012
Country:
Italy
Number:
197/2012
Court:
Corte dei Conti - Sezione Giurisdizionale per la Regione Siciliana
Parties:
Paolillo Rosaria vs Regione Siciliana - Fondo Pensioni Sicilia

Keywords

DISPUTE BETWEEN ITALIAN PARTIES - USE OF UNIDROIT PRINCIPLES AS A MEANS OF INTERPRETING THE APPLICABLE DOMESTIC LAW (ITALIAN LAW)

PROHIBITION OF INCONSISTENT BEHAVIOUR - REFERENCE TO ARTICLE 1.8 UNIDROIT PRINCIPLES

Abstract

Claimant, an Italian national, brought an action against Defendant, the Regional Government of Sicily, claiming payment of the part of its pension the latter had failed to pay. Defendant objected that the claim was time-barred.

The Court decided in favour of Claimant. Although the limitation period had indeed expired, Defendant could not raise this objection because by its behaviour it had led Claimant to believe that there had been no change in the law. In fact, even though a new law imposing certain limitations with respect to the revaluation of pensions had come into force, Defendant had failed properly to inform Claimant of it. More precisely, by not mentioning the change in the law in the monthly notice of payments it sent to Claimant, Defendant had caused in Claimant the understanding that nothing had changed in the law, on which Claimant had reasonably relied and consequently did not exercise its right within the limitation period. In support of its decision the Court expressly referred to Article 1.8 of the UNIDROIT Principles according to which “[a] party cannot act inconsistently with an understanding it has caused the other party to have and upon which that other party reasonably has acted in reliance to its detriment.”

Fulltext

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE SICILIANA
IL GIUDICE UNICO DELLE PENSIONI
Dott. Giuseppe Grasso ha pronunciato la seguente
SENTENZA N. 197/2012
sul ricorso in materia pensionistica, depositato in data 23/11/2010 ed iscritto al n. 58000 del registro di segreteria, promosso da Paolillo Rosaria, rappresentata e difesa dall’avv. Angela Lombardo ed elettivamente domiciliata presso questi’ultima in Palermo via Simone Carleo n.32.
nei confronti di
Regione Siciliana – Fondo pensioni Sicilia rappresentata e difesa dall’avv. Alessandra Di Salvo dell’ufficio l’Ufficio legislativo e legale della Regione Siciliana via Caltanissetta 2/e ed ivi domiciliati.
Esaminati gli atti e documenti del fascicolo processuale trattato all’udienza del 16/1/2012; udita l’avv Angela Lombardo per la ricorrente.

FATTO

La ricorrente titolare di pensione di reversibilità del marito Giuseppe Messina ex dipendente della Regione siciliana collocato in quiescenza dal 1/2/1975, ha chiesto il riconoscimento del diritto alla perequazione pensionistica ai sensi dell’art. 36 della L.R. 6/1997.
Si è costituita l’amministrazione regionale eccependo preliminarmente la prescrizione del diritto della ricorrente e chiedendo nel merito il rigetto della domanda richiamando la giurisprudenza delle Sezioni Riunite della Corte dei Conti.
La ricorrente ha presentato una memoria di replica.

DIRITTO

Il ricorso è parzialmente fondato nei limiti dei seguenti motivi.
Preliminarmente, si ritiene necessario richiamare la normativa di riferimento per la risoluzione della problematica in questione.
L’art. 36 co. 2° della legge regionale 7 marzo 1997 n. 6, stabilisce: “A decorrere dal 1 ° gennaio 1997 e fino all'entrata in vigore della legge di riordino del sistema pensionistico ai dipendenti regionali, già collocati o da collocarsi in quiescenza, che ai sensi dell'articolo 10 della legge regionale 3 maggio 1986, n. 21 fruiscono del trattamento di quiescenza di cui alla legge regionale 23 febbraio 1962, n. 2 e successive modifiche, nonché ai loro superstiti titolari di trattamento indiretto o di riversibilità, nonché ai titolari di assegno vitalizio, gli aumenti verranno corrisposti con cadenza annuale a titolo di perequazione automatica delle pensioni e degli assegni vitalizi al costo della vita e con effetto dal 1° gennaio di ogni anno”.
L'art. 59 co. 13° della legge statale 27 dicembre 1997 n. 449 concernente misure per la stabilizzazione della finanza pubblica, sancisce: “Sui trattamenti pensionistici superiori a cinque volte il trattamento minimo I.N.P.S. dovuti dall'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti e dalle forme di essa sostitutive od esclusive non spetta la perequazione automatica al costo della vita prevista per l'anno 1998. Per le pensioni di importo superiore a cinque volte il predetto trattamento minimo ed inferiore a tale limite incrementato della quota di perequazione, l'aumento di perequazione per l'anno 1998 è comunque attribuito fino a concorrenza del predetto limite maggiorato. A decorrere dal 1° gennaio 1999 e per un periodo di tre anni [successivamente ridotto a due dall’art. 60 co. 2° della legge n. 388/2000] l'indice di perequazione delle pensioni: a) è applicato nella misura del 30 per cento per le fasce di importo dei trattamenti pensionistici comprese tra cinque e otto volte il trattamento minimo I.N.P.S.; b) non trova applicazione per le fasce di importo superiori a otto volte il predetto trattamento minimo”; il comma 57 statuisce che la suddetta normativa si applica “alle Regioni a statuto speciale e alla Province autonome di Trento e Bolzano in conformità a quanto previsto dai rispettivi statuti e dalle norme di attuazione”.
L'art. 69 co. 1° della legge statale 23 dicembre 2000 n. 388 stabilisce: “A decorrere dal 1º gennaio 2001 l'indice di rivalutazione automatica delle pensioni è applicato, secondo il meccanismo stabilito dall'articolo 34, comma 1, della legge 23 dicembre 1998, n. 448: a) nella misura del 100 per cento per le fasce di importo dei trattamenti pensionistici fino a tre volte il trattamento minimo I.N.P.S.; b) nella misura del 90 per cento per le fasce di importo dei trattamenti pensionistici comprese tra tre e cinque volte il trattamento minimo I.N.P.S.; c) nella misura del 75 per cento per le fasce di importo dei trattamenti pensionistici superiori a cinque volte il predetto trattamento minimo”.
In ultimo, lo Statuto della Regione Siciliana attribuisce all’Ente territoriale il potere di legislazione esclusiva nelle materie elencate nell'art. 14, tra cui è compreso lo “stato giuridico ed economico degli impiegati e funzionari della Regione” (lett. q), potere che deve essere esercitato “nei limiti delle leggi costituzionali dello Stato” e “senza pregiudizio delle riforme agrarie e industriali deliberate dalla Costituente del popolo italiano”, nonché il potere di legislazione concorrente nelle materie indicate all'art. 17, che comprendono anche “legislazione sociale; rapporti di lavoro, previdenza ed assistenza sociale” (lett. f), potere che deve essere esercitato “entro i limiti dei principi ed interessi generali cui si informa la legislazione dello Stato”.
Il thema decidendum della presente controversia consiste nello stabilire se le suddette norme statali, riguardanti misure per la stabilizzazione della finanza pubblica, che introducono una decurtazione degli aumenti dovuti ai pensionati a titolo di rivalutazione automatica delle pensioni qualora il relativo quantum superi determinati importi, debbano prevalere o meno sulle disposizioni normative contenute nell’art. 36 co. 2° della legge regionale n. 6/1997, che tale decurtazione non prevedono, e, quindi, trovare applicazione anche nell’ambito dell’ordinamento regionale siciliano.
La questione, oggetto di particolare contrasto giurisprudenziale, è stata affrontata anche dalle Sezioni Riunite di questa Corte, cui l’ordinamento attribuisce la funzione di nomofilachia, che nella sentenza n. 5/2006/QM hanno ritenuto applicabile alla Regione Siciliana, con decorrenza dall’01.01.1998, l’art. 59. co 13° della legge n. 449/1997, sulla considerazione che la materia pensionistica rientrasse nell’ambito dell’art. 17 lett. f) dello Statuto regionale e che, comunque, anche a volerla inserire nell’art. 14 lett. q), la suddetta normativa assumerebbe il carattere di norma fondamentale di riforma economico-sociale.
La tematica è stata nuovamente affrontata dalle Sezioni Riunite nella sentenza n. 5/2008/QM, depositata in data 24.11.2008, alla luce della legge costituzionale n. 3/2001 che riserva a favore dello Stato la materia relativa alla previdenza sociale, nonché delle sentenze della Corte Costituzionale n. 314/2003 e n. 274/2003, secondo le quali è stata differenziata la materia previdenziale relativa al personale delle Regioni da quella concernente lo stato giuridico ed economico, con la conseguenza che la normativa pensionistica rientrerebbe nell’ambito della legislazione concorrente, di cui all’art. 17 lett. f) dello Statuto regionale; le citate Sezioni hanno testualmente sostenuto: “L’affermazione che in materia di previdenza la regione Sicilia ha potestà legislativa concorrente, anziché esclusiva, non comporta, tuttavia, automaticamente che la norma statale successiva prevalga sulla norma regionale vigente. Infatti, non solo il citato art. 17, lett. f) consente alla Regione di emanare leggi in materia di previdenza entro i limiti dei principi e interessi generali cui si informa la legislazione dello Stato, secondo i criteri generali in materia di potestà legislativa concorrente, ma lo stesso art. 59, comma 57, della legge n. 449/’97 ha stabilito che le disposizioni recate da tale articolo si applicano alle regioni a statuto speciale in conformità a quanto previsto dai rispettivi statuti. Spetta, pertanto, all’interprete stabilire i termini di applicabilità dell’indicata norma di salvaguardia a favore delle autonomie speciali. Alla luce di tali considerazioni un più meditato esame dell’ambito di vigenza di tale clausola induce il Collegio a ritenere che, se in linea generale deve ribadirsi che, con effetto dal 1° gennaio 1998, le disposizioni della normativa regionale (art. 36 l. 6/1997) vanno integrate con quella statale (art. 59), ciò non può valere per le disposizioni statali volte a disciplinare fattispecie particolari o che hanno un evidente carattere temporaneo e transitorio, come nel caso di cui al citato comma 13. Il predetto comma 13 appare infatti ascriversi tra gli interventi urgenti e temporanei volti a rispondere ad esigenze di stabilizzazione finanziaria con carattere di provvisorietà, in vista anche di successivi interventi di riordino, per cui non appare connotato da quella incisiva innovatività nel contenuto normativo da imporsi come principio generale che esige una attuazione uniforme su tutto il territorio nazionale (C. cost. 352/96). Va precisato che solo con l’art. 69 della legge 23.12.2000, n. 388 la disposizione sulla perequazione automatica posta dalla legge statale ha assunto i caratteri di principio generale che richiede uniforme applicazione in tutto il territorio statale e di cardine della riforma, per i fini di contenimento dell’onere statale necessario al finanziamento delle prestazioni previdenziali”.
Alla luce di quanto considerato, l’art. 36 della legge regionale n. 6/1997 “continua ad applicarsi al personale in quiescenza della regione Sicilia, in virtù della clausola di salvaguardia prevista dall’art. 59, comma 57, della l. n. 449/1997 anche nel periodo di vigenza dell’art. 59, comma 13, della predetta legge, cioè fino al 31.12.2000. A decorrere dall’1.1.2001 anche al predetto personale deve ritenersi applicabile la normativa statale recata dall’art. 69 della legge 23.12.2000, n. 388”.
Le suddette conclusioni sono state di recente ribadite nell’ulteriore sentenza n. 2 /2010QM e 8/2010/QM delle Sezioni Riunite di questa Corte.
Deve essere rigettata l’eccezione di prescrizione quinquennale dei ratei pensionistici sollevata dalla Regione Siciliana.
Il fondamentale problema riguarda la portata e l’interpretazione dell’art. 2935 c.c., il quale prevede che: la prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere. Ebbene il problema si pone per stabilire la sussistenza di una ignorantia legis incolpevole e stabilire il dies a quo da cui comincerebbe a decorrere il termine prescrizionale.
La problematica è stata affrontata e risolta dalla famosa sentenza della Corte costituzionale n.364/1988, sulla portata del principio previsto dall’art. 5 c.p., ma estensibile a tutto l’ordinamento giuridico.
In tale sentenza, la Corte ha stabilito che l’ignoranza può anche essere indotta dal comportamento dell’amministrazione che induca con il suo comportamento nel cittadino incolpevole la convinzione sulla legittimità di una determinata situazione, come nel caso in questione, in cui si è continuato ancora ad omettere ancora nel 2007 nei cedolini il riferimento alla legge 388/2000.
La Corte di Cassazione ha confermato con riferimento all’art. 2935 c.c. che l’ignoranza incolpevole ai fini della prescrizione può essere indotta da un comportamento doloso della controparte,Cass.4235/1996; in questo caso, pur non arrivando a ritenere l’esistenza del dolo (tra l’altro contro i propri interessi) della Regione, sicuramente è ravvisabile un comportamento gravemente colposo, su una materia tecnico contabile che non consentiva ai ricorrenti la percezione immediata dell’errore dell’amministrazione, pertanto sino al momento in cui essi ne sono venuti a conoscenza non può decorrere alcun termine prescrizionale, fermo restando che non può più essere loro applicato l’art. 36 della L.R. 6/1997.
Questo giudice è consapevole dell’orientamento contrario adottato da altri giudici unici della sezione, in particolare si evidenzia con attenzione la decisione n.1846/2011 del 11 maggio 2011, ma le motivazioni contenute in questa sentenza non si ritengono nella specifica fattispecie totalmente condivisibili.
Vero è che i casi di sospensione della prescrizione sono un numero chiuso, come definiti nell’art. 2941 c.c. e per il caso in questione ci si riferisce al n. 8 di questa norma per il comportamento doloso del debitore, e tale fattispecie non rientra certamente nel caso in questione.
Anche vero che non si tratta di impedimento di fatto ma di diritto, sebbene, come sopra si è visto, il principio ignorantia legis non exscusat , previsto come principio generale dall’art. 5 c.p., è stato sconfessato in assoluto dalla Corte costituzionale, e questa sentenza è posteriore all’art. 2941 c.c. che presuppone l’applicazione del principio come formulato nella concezione originaria dell’art. 5 c.p..
Tuttavia, la materia in questione esula dallo stretto ordinamento privatistico, posto che essendo parte del rapporto una pubblica amministrazione, va tenuto presente il principio del legittimo affidamento, come previsto nell’art. 1 della legge 241/1990 come modificato dalla legge 15/2005, in cui si prevede l’applicazione dei principi dell’ordinamento comunitario, e ritenuto applicabile e sussistente anche nel rapporto pensionistico pubblico, sebbene in altra fattispecie, dalle Sezioni Riunite della Corte dei conti nella sentenza QM 7/2007.
Ma a questo, non osta il fatto che la vicenda in questione sia anteriore all’entrata in vigore della suddetta norma, poiché, anche in una ottica strettamente privatistica, una più recente giurisprudenza della stessa Corte di Cassazione ha ricondotto la tutela del legittimo affidamento anche all’inerzia dell’esercizio del diritto sia per situazioni creditorie che potestative come in quest’ultimo caso.
Difatti, la Cassazione, con la sentenza n. 9924/2009 è ritornata sull’argomento, affermando la sussistenza del principio nemo venire contra factum proprium determinante il legittimo affidamento, anche nell’ambito del nostro ordinamento, quale espressione delle clausole generali di correttezza e buona fede, arrivando a considerare assorbita in esso anche la Verwirkung, intesa come inerzia nell’esercizio del proprio diritto, tale da ingenerare un legittimo affidamento nella controparte.
Il passaggio della Corte è importante, poiché sottende necessariamente, per la sua interpretazione ed applicazione, la specifica previsione così come contenuta nell’art. 1. 8 dei principi UNIDROIT: “dall’art. 1175, che assoggetta il creditore alla regole della correttezza, e dall’art. 1375 c. c. , che impone alle parti di eseguire il contratto secondo buona fede, nonché dalla comparazione con ordinamenti prossimi al nostro, la giurisprudenza di questa Corte da tempo valuta il comportamento del contraente titolare di una situazione creditoria o potestativa, che per lungo tempo trascuri di esercitarla e genericosì un affidamento della controparte nell’abbandono della relativa pretesa, come idoneo a determinare la perdita della situazione soggettiva. La dottrina tedesca parla in questi casi di Verwirkung come di una sorta di decadenza derivante dal divieto, più familiare agli ordinamenti latini, di venire contra factum proprium. Si ha così la preclusione di un’azione o eccezione, o più generalmente di una situazione soggettiva di vantaggio, non per illiceità o comunque per ragioni di stretto diritto, ma a causa del comportamento del titolare,
prolungato, non conforme ad essa e perciò tale da portare a ritenere l’abbandono”.
In effetti, tale considerazioni si basano quindi sulla rilettura dell’art. 1175 e 1375 c.c. secondo l’interpretazione datane dall’art. 1.8 dei principi UNIDROIT nemo venire contra factum proprium, che rientra specificamente in questa fattispecie: Una parte non può agire in modo contraddittorio rispetto ad un intendimento che ha ingenerato nell’altra parte, e sul quale questa ha ragionevolmente fatto affidamento a proprio svantaggio.
In questo caso, l’inerzia dell’amministrazione nel mancato aggiornamento dei cedolini, non si può negare che abbia ingenerato un legittimo affidamento nel pensionato sull’applicazione dell’art. 36 della L.R. 6/1997 oltre il 1/1/2001.
Inoltre non si possono ignorare gli ulteriori e specifici dati normativi, che confermano l’illegittimità e la non correttezza dell’operato dell’amministrazione, con la conseguente infondatazza della suddetta eccezione, infatti, sussiste la violazione di principi generali della procedura di spesa, così come previsti dall’art. 1 del DPR 367/1994, applicabile ai sensi del rinvio operato dall’art. 52 comma 10 della legge regionale 6/2001, alle norme generali della
contabilità dello Stato; la predetta norma prevede: le procedure di spesa sono rette, oltre che dal principio di legalità, da quello di certezza, pubblicità,trasparenza, concentrazione e speditezza. Esse sono svolte, di norma, con tecnologie informatiche, in modo da assicurare certezza delle informazioni, efficacia dei controlli, rapidità dei pagamenti.
E proprio i principi di trasparenza e di certezza delle informazioni non sono stati rispettati in questa vicenda dall’amministrazione, non aggiornando i cedolini, violando così i principi del legittimo affidamento e della certezza del diritto.
A tutto questo si aggiunge, inoltre, l’art. 143 comma 5 del DPR 1092/1973, applicabile alla Regione Siciliana, ai sensi dell’art. 18 della legge regionale 13/1979, il quale prevede in materia di prescrizione: il termine di prescrizione previsto dall’art. 2 del R.D 295/1939,non decorre prima del giorno in cui il provvedimento di liquidazione della pensione o dell’assegno rinnovabile sia portato a conoscenza dell’interessato, ai sensi delle disposizioni del presente testo unico.
E dunque, è di tutta evidenza che non avendo l’amministrazione messo a conoscenza la ricorrente della nuova quantificazione (rectius: liquidazione) della pensione, ai sensi della legge 388/2000, anche attraverso cedolini più trasparenti, non può decorrere alcun termine prescrizionale.
Alla luce di queste argomentazioni, non può essere disconosciuto il diritto sino al momento in cui il ricorrente ha avuto conoscenza concreta delle limitazioni al proprio diritto intervenute con l’art. 69 della legge 388/2000,in assenza di una data certa ed in mancanza di prova contraria dell’amministrazione, non può che avere decorrenza dalla data della relata di notifica della richiesta all’amministrazione del 6 novembre 2010.
Per quanto sopra esposto, deve essere riconosciuto il diritto del ricorrente ai ratei del trattamento di quiescenza in godimento secondo il disposto dell’art. 36 della legge regionale n. 6/1997, esclusivamente, per tutti gli anni dal 1997, in poi,ai sensi di legge, senza efficacia prescrittiva estensibile sino al 6 novembre 2010, per l’ignoranza indotta dall’amministrazione attraverso i cedolini pensionistici.
Conseguentemente, deve accogliersi entro i suddetti limiti, il ricorso del ricorrente limitatamente al diritto alla rivalutazione del trattamento pensionistico ai sensi dell’art. 36 della L.R.6/1997 per il periodo anteriore al 1 gennaio 2001.
Sui maggiori ratei pensionistici arretrati deve essere riconosciuto, dalle singole scadenze al saldo, il diritto di parte ricorrente agli interessi legali rilevati anno per anno, e la rivalutazione monetaria ove maggiore rispetto agli interessi legali.
Vista la peculiarità della questione si ritiene giusta la compensazione delle spese.
P. Q. M.
la Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale per la Regione Siciliana, giudice unico per le pensioni, definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso di Paolillo Rosaria, nei termini e nei limiti di cui in motivazione.
Spese compensate
Così deciso in Palermo, nella camera di consiglio del 16 gennaio 2012.
IL GIUDICE
F.to Dott.Giuseppe Grasso

Depositata oggi in Segreteria nei modi di legge.
Palermo, 24 Gennaio 2012.
Il Funzionario Amministrativo
F.to Piera Maria Tiziana Ficalora}}

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