Data

Date:
11-12-1998
Country:
Italy
Number:
Court:
Corte di Appello di Milano
Parties:
Bielloni Castello S.p.A. v. EGO S.A.

Keywords

BUYER'S IMPEDIMENT TO TAKE DELIVERY - PRINCIPLE OF GOOD FAITH (ART. 7(1) CISG) - MATTER GOVERNED BUT NOT EXPRESSLY SETTLED BY CISG (ART. 7(2) CISG) - DOMESTIC LAW APPLICABLE

ADDITIONAL PERIOD OF TIME FOR PERFORMANCE FIXED BY THE SELLER FURTHER ADDITIONAL PERIOD OF TIME FIXED BY SELLER - TWO AND A HALF MONTHS - PERIOD OF REASONABLE LENGTH (ART. 63(2) CISG)

EXPIRATION OF ADDITIONAL PERIOD OF TIME FIXED BY SELLER - BUYER'S FAILURE TO TAKE DELIVERY OF GOODS - SELLER ENTITLED TO AVOID (TERMINATE) THE CONTRACT (ARTS. 63 AND 64(1)(B) CISG)

DAMAGES IN CASE OF AVOIDANCE AND SUBSTITUTE TRANSACTION (ART. 74 CISG) - DIFFERENCE BETWEEN CONTRACT PRICE AND SUBSTITUTE TRANSACTION PRICE (ART. 75 CISG)

INTEREST (ART. 78 CISG) - RATE OF INTEREST - DETERMINED BY DOMESTIC LAW GOVERNING THE CONTRACT IN THE ABSENCE OF CISG (ART. 7(2) CISG) - ACCRUAL - FROM DATE OF AVOIDANCE

Abstract

An Italian seller and a French buyer concluded a contract for the sale of a printing press which the buyer intended to install in its new factory. The buyer made a partial payment but it failed to pay the balance and to take delivery of the press at the agreed date. Two months after the date for taking delivery and payment had passed, the seller, relying on a provision of the Italian Civil Code (diffida ad adempiere), sent a notice to the buyer demanding performance within the following 15 days and declaring that, in the event of non-performance by the buyer, the contract would be considered as avoided (terminated). The buyer failed to perform within the additional 15-day period and, after a few days, the seller sent a further notice of the same contents. As the buyer, again, failed to perform within the second additional period of time, the seller commenced legal action alleging avoidance (termination) of the contract for breach by the buyer and claiming damages. The buyer argued that non-performance was excused by the circumstance that the new factory could not be open at the expected date, due to administrative reasons falling beyond his control. Pending the lawsuit, the seller resold the press to a third party at a lower price.

The court of first instance (Tribunale di Milano, 26-01-1995) overlooked CISG and applied Italian domestic law, holding that the buyer was entitled to restitution of the price. The seller appealed. The Court of Appeals held that CISG, not Italian domestic law, governed the contract as, at the time its conclusion (January 1989), both parties had their places of business in Contracting States (Art. 1(1)(a) CISG).

The Court of Appeals held the seller's notice to be regarded as fixing an additional period of time for performance under Art. 63(1) CISG, which the seller had further extended by means of a second notice. The total time from the original delivery date to the expiry of the additional period fixed by the seller (totaling two and a half months), was altogether considered by the Court of reasonable length (Art. 63(2) CISG).

Therefore, the seller was entitled to declare the contract avoided as the buyer had failed to perform within the additional period of time that the seller had fixed (Art. 64(1)(b) CISG). In this connection, the Court considered the contract avoided (terminated) upon expiry of the additional period of time.

The Court rejected the buyer's argument that non-performance was excused, holding that the principle of good faith laid down in Art. 7(1) CISG precludes the possibility of taking into account any impediments to perform. According to the Court, this matter should be settled, under Art. 7(2) CISG, in conformity with the law otherwise applicable to the contract by virtue of the rules of private international law, in the case at hand Italian law. The Court held that the buyer's argument was relevant neither under Italian domestic law.

As to the seller's claim for damages, the Court held that, under Art. 75 CISG, the seller was entitled to payment of a sum equal to the difference between the contract price and the lower price of the substitute transaction as damages for non-performance. No further damages under Art. 74 CISG were granted, as the Court considered that there was no evidence thereof.

The Court further held that interest on the above sum applies (Art. 78 CISG), at the Italian statutory rate (Art. 7(2) CISG), accruing from the date of avoidance (termination) of the contract.

Fulltext

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 2O febbraio 199O la S.p.A. Bielloni Castello conveniva avanti il Tribunale di Milano la EGO S.A. di diritto francese con sede in Oyonnax, chiedendo che fosse accertata l'avvenuta risoluzione ovvero dichiararsi, comunque, la risoluzione del contratto con essa stipulato il 27 gennaio 1989 per la vendita di una stampatrice flessografica del prezzo di lire 528.000.000, e deduceva allo scopo di avere, a partire dal mese successivo alla scadenza del termine per la consegna, fissato al 5 settembre 1989, ripetutamente sollecitato il pagamento del prezzo residuo ed il ritiro del macchinario: ma senza esito. e cosi fino ad una ultima diffida intimata con comunicazione del 6 dicembre 1989.

Concludeva pertanto, l'attrice, affinché fosse inoltre e di conseguenza emessa pronuncia di condanna della S.A. EGO al risarcimento del danno subito in misura di lire 200.000.000, od in altra stimata dovuta. Costituitasi in causa, la convenuta opponeva di avere ordinato la stampatrice per la successiva installazione in un nuovo stabilimento da edificarsi, il quale programma per ragioni di natura amministrativa estranee alla propria volontà aveva subito un sensibile ritardo, che l'aveva indotta a formulare la richiesta, in un primo tempo - assumeva - accettata dalla controparte, di rinvio della consegna alla fine del mese di maggio del 199O, onde nell'eccepire un comportamento avversario contrario ai dettato dell'art. 1375 cod. civ. chiedeva dichiararsi per contro la risoluzione del contratto per fatto e colpa della Bielloni Castello s.p.a.", con restituzione dell'acconto versatole di lire 105.600.000 ed il risarcimento del danno.

Esperito il corso istruttorio, il Tribunale con sentenza del 3O novembre 1994-26 gennaio 199S, ritenuta l'inesistenza di una rinegoziazione dell'accordo di vendita circa i termini temporali della sua esecuzione, lo dichiarava risolto di diritto per fatto e colpa dell'attrice in ragione dell'infruttuoso decorso del termine di 15 giorni intimato con la prima diffida del 17 novembre 1989, e condannava però l'attrice a restituire l'acconto, mentre ne respingeva infine l'istanza di risarcimento e disponeva la parziale compensazione delle spese processuali.

Avverso la sentenza ha proposto appello la società Bielloni Castello con citazione del 17 ottobre
1995, chiedendo in sua parziale riforma la condanna della S.A EGO al denegato risarcimento dei danni. Resiste nel grado l'appellata con gravame incidentale a mezzo del quale sono state rinnovate le anteriori domande conclusive tutte. Precisate dalle parti le rispettive conclusioni di cui in epigrafe, le stesse venivano rimesse dall'istruttore avanti al collegio per la decisione.

MOTIVI DELLA DECISIONE

È preliminarmente da considerarsi, in ordine alla corretta qualificazione del rapporto in causa discusso, che, essendo stato il contratto di vendita concluso nel gennaio dell'anno 1989, la relativa disciplina dei corrispettivi diritti ed obblighi delle parti doveva e deve essere desunta dalle norme di diritto materiale uniforme adottate sia dall'Italia che dalla Francia quali Stati contraenti della Convenzione delle Nazioni Unite stipulata a Vienna l'11 aprile 198O riguardante i contratti di vendita internazionale di merci, ed entrata poi in vigore per entrambi i nominati paesi, infatti, il 1° gennaio del 1988.

Non sono perciò pertinenti alla fattispecie, per le questioni qui disputate e salvo quanto in prosieguo precisato, le disposizioni normative ricavate invece, ora esplicitamente (dalle parti contendenti), ora per implicito (è il caso della sentenza impugnata che, anzi, non ne fa cenno alcuno), dalla legislazione interna italiana - il diritto comune dettato in materia dai codice civile -, poiché trova senz'altro applicazione l'articolo 1-1, lettera a) della suddetta Convenzione.

A tenore della quale, peraltro, si pone in modo conclusivo non variato l'accertamento, già espresso dai tribunale, circa la legittimità dell'occorsa risoluzione del contratto, ancorché (va qui precisato e rettificato alla luce della qualificazione iniziale postasi), in dipendenza dell'efficace, correlativa dichiarazione comunicata dal venditore, a norma degli articoli 61-64.1 e 26 dell'Accordo internazionale, ed allo scopo adducendo l'inadempimento imputabile, anche agli effetti di cui ai successivo art 74, alla controparte acquirente: e consistito dunque nella mancata esecuzione dell'obbligo di pagare il prezzo e di prendere in consegna quanto venduto, ex artt.53, 59 e 6O della speciale disciplina uniforme.

Risulta in particolare, converrà al riguardo aggiungere, che il venditore italiano aveva in effetti impartito ai compratore transalpino un termine supplementare per l'adempimento delle obbligazioni essenziali sul medesimo gravanti, ed altresì, in concreto, "di durata ragionevole", giusta la condizione emergente dall'articolo 63. I della Convenzione.

Ed invero, tenendo conto del termine di consegna/pagamento in origine fissato al 5 settembre 1989, ad una prima diffida del 17 novembre 1989 rivolta alla società EGO per il ritiro del macchinario approntato entro 15 giorni, faceva seguito un comportamento interlocutorio, che ampliava ulteriormente il periodo di tolleranza già concesso - in fatto -, in quanto la società Bielloni Castello con lettera del 6 dicembre successivo ribadiva alla controparte il tenore della precedente intimazione: ed e da intendersi anche in relazione al termine utile ed ultimo di 15 giorni, dunque rinnovatamente impartito.

Cosicché la dilazione complessiva in concreto accordata dopo la scadenza di inizio settembre veniva ad essere di circa due mesi e mezzo: un periodo perciò, e senza dubbio, di oggettiva, accettabile ragionevolezza ai fini in esame.

Che poi l'interessata e beneficiaria della proroga in parola fosse per qualche tempo ancora ostacolata da ragioni logistico-organizzative interne, e di qualsivoglia origine, nell'ottemperare alle condizioni convenute (e modificate) di ritiro della merce, e che vi fosse stato puranche un tentativo di componimento, a metà autunno - ma tale evidentemente rimasto, se la stessa società EGO formulava poi nella lettera del 29 novembre 1989 un invito a ricercarlo -, della controversia insorgente, sono queste vicende che non mate conto vagliare oltre in questa sede

In effetti, a fronte della disciplina pattizia, ed in ragione sia del carattere internazionale appunto di essa, che della necessita inoltre di assicurare il rispetto della buona fede nel commercio internazionale, conclamati dall'art. 7.1 della Convenzione di Vienna, non possono indagarsi circostanze che si assumano impeditive del regolare adempimento delle corrispettive obbligazioni in quella sancite, e dei connessi rimedi per il caso negativo, le quali non trovino il proprio referente normativo, anzitutto, nella stessa autonoma regolamentazione d'insieme istituita: e ciò per manifeste esigenze di certezza e di stabiliti nello svolgersi delle transazioni che ne è, manifestamente, precipua denotazione strutturale. Del resto, se poi il summenzionato articolo 7, al suo secondo paragrafo, introduce una sorta di norma di chiusura, demandando cioè alla legge applicabile secondo le regole del diritto internazionale privato le questioni incidenti nella materia regolata e non risolte però dalla Convenzione stessa, è agevole constatare la inconferenza della situazione sopra accennatasi, ed invocata dalla società EGO a giustificazione, alla stregua della legge interna italiana. La quale viene allora in rilevanza come quella propria del paese in cui il compratore ha la sua "residenza abituale", ovvero la propria sede: e ciò in virtù dell'articolo 3 della Convenzione dell'Aja del 15 giugno 1955 sulla legge applicabile alla vendita a carattere internazionale di cose mobili corporali: che - va rilevato qui - aveva sostituito fin dalla sua entrata in vigore (per l'Italia dai 1° settembre 1964), stante il suo carattere universale (ex art. 7), il previgente articolo 25 delle disposizioni sulla legge in generale, venendo cioè a porsi quale nuova regola generale e fondamentale di conflitto nella particolare materia in argomento.

Ma le vicende sopravvenute, ed illustrate dalla compratrice per spiegare la difficoltà ad ottemperare all'originaria intesa, non sono allora suscettive di essere riferite utilmente ad una qualche categoria giuridica del nostro diritto (interno), per l'intrinseca frammentarietà che le denota: e non cosi alla presupposizione di cui si fa cenno in taluni scritti difensivi e neppure, in ipotesi, alla impossibilità sopravvenuta o ad altro istituto di eventuale rilevanza nella vicenda giudiziale; tant'è che, infine, la difesa dell'acquirente richiama soltanto il principio della esecuzione di buona fede di cui all'articolo 1375 cit. Il quale, però, comunque inteso e valutato, non potrebbe tuttavia surrogare il contesto definito e vincolante espresso dalle norme della convenzione viennese, che - rammentandosi il dettato dell'articolo 7.1 - in quelle sembra già individuare ed inscrivere una propria elettiva nozione di buona fede, ovvero il ricercato criterio di demarcazione della possibile, complessiva sua rilevanza nell'ambito regolato.

Ciò ritenuto e premesso, viene quindi in esame la riproposta domanda risarcitoria della società italiana venditrice, una domanda che era stata disattesa dai primi giudici, ma senza apprezzabili e fondati motivi.

Ed in proposito sarà opportuno sottolineare o ribadire che i riferimenti svolti dall'interessata alla legge materiale interna sono, anch'essi, giuridicamente inappropriati.

Ed invero le norme uniformi introdotte in esecuzione dell'accordo internazionale inducono parimenti a ravvisare nel delineatone regime dei rimedi un quadro unitario ed organico di disposizioni essenzialmente autosufficienti allo scopo cui sono deputate, e che non possono quindi, in linea di principio, essere integrate con disposizioni di origine interna: le quali di per sé contraddicono la precisa specificità delle peculiari, autonome determinazioni cosi sancite in rapporto a tale oggetto.

In concreto, poi, non pare refutabile che il macchinario non potutosi consegnare da parte del venditore entro la fine dell'anno 1989 all'originario compratore fosse stato rivenduto, come risulta dalla documentazione prodotta, all'inizio della successiva estate per un totale prezzo di lire 44O milioni, e cioè alquanto inferiore.

Dunque si era trattato, per le caratteristiche anche temporali implicate, di una operazione che ben può positivamente riportarsi all'articolo 75 della Convenzione: ovvero, in sostanza, di una (ivi prevista) vendita in danno, la quale abilitava cd abilita il venditore a chiedere in causa la differenza fra il prezzo del contratto risolto e quello della vendita alternativa, e nel presente caso ammontante a lire (528.000.000 440.000.000) 88.000.000. Trattasi insomma di una oggettiva perdita subita, ex art. 74 precedente, che ad ogni modo individua, soprattutto, l'unica assorbente voce di danno che qui rilevi, dovendosi per contro stimare non giustificata la sostanziale duplicazione della posta risarcitoria prospettata dalla venditrice a proprio credito: la prima volta a titolo di perdita assoluta registrata, e la seconda come guadagno mancato.

Detto altrimenti, non consta che la società Bielloni Castello fin dal tempo della formazione del contratto prevedesse - come ora si pretenderebbe - di stipulare in epoca ravvicinata, con un diverso cliente, analogo contratto di fornitura, cosicché "in mancanza dell'inadempimento della EGO... avrebbe potuto provvedere alla vendita di due macchinari"; non senza osservare cd aggiungere che siffatta assunzione difensiva, per di più, contrasta con l'affermata ricorrenza della stessa vendita in danno di cui sopra.

Sulla somma prima determinatasi di spettanza dell'appellante principale competono infine, a norma dell'art. 78 della disciplina uniforme, gli interessi, da computarsi al saggio legale (italiano: in forza del rinvio disposto dalla sopra accennatasi norma di chiusura), e con decorrenza dall'efficacia della dichiarata risoluzione, collocabile alla data del lo gennaio 199O, fino all'integrale pagamento del dovuto.

[…]

P.Q.M.

La Corte d'Appello di Milano, definitivamente pronunciando sull'appello proposto da Bielloni Castello S.p.A. con citazione del 17/10/1995 contro S.A. EGO nonché sull'appello incidentale avverso la sentenza resa fra le parti dal Tribunale di Milano in data 3O novembre 1994-26 gennaio 199S, cosi provvede in sua parziale riforma:
1) condanna la S.A. EGO ai pagamento di lire 88.000.000 oltre agli interessi legali dall'1/1/1990 al saldo.

[…]}}

Source

Published in Italian:
- Rivista di diritto internazionale privato e processuale, 1999, 112-116}}