Data

Date:
31-01-2023
Country:
Italy
Number:
418
Court:
Tribunale di Napoli Nord
Parties:
--

Keywords

BUYER’S OBLIGATION TO EXAMINE THE GOODS IN GOOD TIME (ART. 38 CISG)

BUYER'S OBLIGATION TO GIVE SELLER NOTICE OF LACK OF CONFORMITY OF GOODS (ART. 39 CISG)

NOTICE OF LACK OF CONFORMITY WITHIN A REASONABLE TIME (ART. 39 CISG) - PERISHABLE GOODS

Abstract

An Italian buyer ordered peanuts from an Egyptian seller. The inspection conducted by the buyer after arrival at the destination revealed that the goods were severely contaminated with pests. Hence the buyer decided to destroy the goods and refused to pay for them. The seller obtained an injunction against the buyer for payment of the price; the buyer reacted by arguing that the defects in the goods were imputable to the seller and that it had given notice of the lack of conformity in due time.

The Court held that the contract was governed by CISG as the agreement was to qualify as a sales contract of an international character, and both parties were situated in Contracting States (Art. 1 CISG) Also, the Court observed that the parties had not excluded the application of the Convention (Art. 6 CISG).

As to the merits, the Court confirmed the seller’s right to be paid the full price. Indeed, the Court found that the buyer had not inspected the goods in due time (Art. 38 CISG) nor given notice of the defects of the goods within a reasonable time as required by Art. 39(1) CISG. In reaching such a conclusion, the Court recalled that the inspection should be carried out in the shortest time possible under the circumstances and that the “reasonable time” criterion provided by Art. 39 CISG is a flexible one, aptly chosen by the drafters to leave ample margin to the judge to attach the factual circumstances of each single case the greatest relevance possible. As in the present case the goods were perishable, it followed that the buyer should have examined them immediately upon arrival or the day after at the latest, and it should have notified the seller of the defects immediately after discovery. On the contrary, the buyer had conducted the inspection only several days after the arrival of the goods at its premises and waited seven days before informing the seller of the defects. Consequently, the Court held that the buyer had lost its right to rely on the lack of conformity. Nor could the buyer’s late notice have been justified under Art. 44 CISG, as the buyer failed to provide adequate proof therefor.

Fulltext

RAGIONI IN FATTO E DIRITTO DELLA DECISIONE
Con atto di citazione ritualmente notificato la (...) s.r.l. proponeva opposizione avverso il
decreto ingiuntivo n. 4091/19 del 12.9.2019, notificato il provvisoriamente esecutivo, concesso dal Tribunale Ordinario di Napoli Nord, con il quale le veniva ingiunto, di pagare, nel termine di 40 giorni, in favore della (...), in persona del legale rapp.te p.t. (...)., la complessiva somma di €. 52.910,40 oltre interessi, spese, competenze professionali, C.A. e IVA.
In particolare esponeva che la genuinità nonché l'idoneità della merce (arachidi) all'utilizzo cui è destinata è stata prontamente contestata dalla (...) in quanto contaminata da parassiti e non idonea all'utilizzo; che la società opponente ordinava della merce, nello specifico: KG 650 (22 bags) di arachidi in guscio (lotto 130 FR) per il prezzo di € 25.740,00; KG 650 (22 bags) di arachidi in guscio (lotto 165FR) per il prezzo di € 27.170,00; KG 650 (22 bags) di
arachidi in guscio (lotto 164FR) per il prezzo di € 24.310,00, per un corrispettivo economico
complessivo di € 77.220,00;
che tuttavia, all'apertura dei containers la società opponente si avvedeva sin da subito che due dei tre containers erano completamente contaminati da parassiti, larve e muffe che avevano deteriorato la merce rendendola non conforme ed inidonea alla vendita; che della situazione veniva immediatamente informata, dapprima per le vie brevi, la società venditrice e poi con formale lettera di contestazione del 21.2.2019 nella quale si contestava la presenza di vizi della merce e la violazione degli obblighi di adeguata informazione, diligenza, buona fede e trasparenza da parte del venditore; che per l'effetto si comunicava la volontà di recedere dall'acquisto per inadempimento grave del venditore ed al contempo ai sensi e per gli effetti dell'art. 1460 cc l'acquirente sospendeva la propria prestazione (il pagamento del corrispettivo) per effetto dell'inadempimento del venditore;
che l'inadempimento della società venditrice è contrattuale poiché in virtù dell'accordo stipulato
con la opponente in data 17.1.2019 la (...) srl si impegnava “ad essere a disposizione della
(...) srl, per ogni eventuale problema riscontrato alla merce da ritirare”; che la società
venditrice ha sempre preteso il pagamento dell'intera somma sebbene avesse appurato essa stessa la contaminazione della merce; che la prova della contaminazione è stata
fornita dalla (...), poiché questa si è premurata di far analizzare prontamente la merce da
laboratori specializzati nel settore che hanno confermato una contaminazione ab origine della
merce; che la merce arrivata dall'Egitto nei containers menzionati era contenuta all'interno di
appositi sacchi sigillati, il cui confezionamento è avvenuto a cura della venditrice; che appare dunque fuori dubbio che la suddetta fosse infestata, quantomeno da larve, già alla partenza dal porto di origine; che nel caso di specie sussiste dunque altresì la responsabilità del venditore per vizi della cosa; che la (...) srl, ha diritto alla risoluzione anche ai sensi dell'art. 1492 c.c. con conseguente diritto al risarcimento del danno che non deve limitarsi esclusivamente al ristoro delle somme versate per analizzare e smaltire la merce, di cui la (...) si è fatta interamente carico, atteso il rifiuto del venditore di ritirare la merce e provvedere personalmente allo smaltimento ma anche e soprattutto ai danni subiti dall'acquirente per la impossibilità di utilizzazione del bene acquistato con conseguente lucro cessante, tra cui in primis la mancata rivendita al dettaglio .
Si costituiva in giudizio parte opposta eccependo, in via preliminare ed assorbente, la decadenza dal diritto alla garanzia in capo a (...) s.r.l., per denuncia tardiva dei vizi della merce.
Evidenziava che la merce in contestazione è arrivata a destinazione presso il Porto di Salerno in data 2.12.2018, ma è stata ritirata dalla (...) s.r.l. solo agli inizi del mese di febbraio 2019, per sua colpa, noncuranza e negligenza, con tutte le conseguenze del caso;
che un volta ritirata, precisamente nei primi di febbraio, le contestazioni inerenti la merce venivano sollevate soltanto in data 21.02.2019, sempre come asserito da controparte nella
premessa al punto 9) dell'atto di opposizione e provato documentalmente in atti; che i controlli
dovevano essere espletati nell'immediatezza della consegna, essendo arrivata la merce a destinazione già in data 2.12.2018, e non due mesi dopo; che trattandosi di prodotti alimentari, la merce doveva essere controllata entro otto giorni dal ritiro e non oltre tale termine, con conseguente decadenza e tardività di qualsiasi domanda inerente la stessa ex art. 1495 c.c.; che la (...), come da prassi, al momento della spedizione della merce, ha fornito all'autorità portuale italiana adeguata documentazione circa la certificazione di qualità e sicurezza dei prodotti importati, senza la quale questi ultimi non avrebbero potuto fare ingresso nel territorio italiano; che la merce, prima di essere spedita, è stata sottoposta a tutti i controlli e alle analisi del caso; che controparte sostiene di aver distrutto la merce infestata dai parassiti, per intero, temendo contaminazioni, senza dunque mai dare la possibilità a parte opposta di visionare la merce, di verificare la sussistenza dei presunti vizi, e senza procedere ad un accertamento preventivo in contradditorio con la (...), che non ha potuto avvalersi della facoltà di incaricare un proprio consulente che accertasse la sussistenza o meno dei parassiti.
(...)
Va preliminarmente osservato che la presente controversia ha ad oggetto una fornitura di beni
effettuata dalla (...) snc, con sede in Egitto, alla ditta (...) srl, con sede in Italia; consegue il rilievo secondo cui il rapporto ha indubbio carattere internazionale.
Tale rilievo pone in luce che la normativa applicabile al contratto è la Convenzione di Vienna per la vendita internazionale di beni mobili (CISG) del 1980, ratificata con L. 11 dicembre 1985, n. 765, ed entrata in vigore il 1 gennaio 1988.

Circa la prevalenza di tale Convenzione, che è norma di diritto uniforme, sul diritto internazionale
privato, la giurisprudenza italiana è da tempo pacificamente orientata (Trib. Vigevano, 12 luglio
2000, in Gi.. it. 2001, 280 ss.; Trib. Padova, 25 febbraio 2004, in Gi.. it. 2004, 1405 ss.; Trib.
Padova, 31 marzo 2004, in Gi.. merito 2004, 1065 ss.; Trib. Rimini, 26 novembre 2002, in Gi..
It., 2003, 896). Siffatta impostazione si fonda sulla ritenuta applicazione del principio di specialità; le Convenzioni di diritto uniforme hanno infatti ed anzitutto un ambito di applicazione speciale, in quanto più limitato, rispetto a quello delle norme di diritto internazionale privato.
La Convenzione in parola, poi, regola soltanto i contratti di vendita la cui internazionalità dipende dalla diversa ubicazione statale della sede d'affari delle parti contraenti, mentre - com'e' noto - le norme di diritto internazionale privato riguardano ogni tipo di contratto internazionale, senza limitazioni di sorta. Ancora, e soprattutto, vi è specialità nel rilievo della modalità attraverso le quali le norme di diritto uniforme risolvono la questione sostanziale su cui verte la controversia: trattandosi, infatti, di norme di diritto materiale esse risolvono direttamente tali questioni, evitando il doppio passaggio coessenziale all'applicazione del diritto internazionale privato, e consistente dapprima nell'individuazione della legge applicabile sulla base del criterio di collegamento e quindi nell'applicazione della stessa (v. Trib. Vigevano e Trib. Rimini cit.).
Va rilevato, che ai fini dell'applicabilità della Convenzione, occorre che il rapporto negoziale fra le
parti sia un contratto di vendita. Secondo il disposto di cui agli artt. 30 e 53 della Convenzione
si evince che è contratto di compravendita, alla luce della Convenzione, il contratto in forza del
quale il venditore è obbligato a consegnare i beni, trasferirne la proprietà ed eventualmente rilasciare tutti i documenti relativi ad essi, mentre il compratore è obbligato a pagare il prezzo ed a prendere in consegna i beni.
Occorre poi che il bene compravenduto sia al momento in cui deve avvenire la consegna un oggetto mobile e tangibile, indipendentemente dalla forma che esso assume e dal fatto che si tratti di un oggetto nuovo o usato. A siffatto schema si attaglia il caso in questione, atteso che l'obbligazione della società convenuta aveva ad oggetto la fornitura e consegna di arachidi.
Quanto all'ulteriore requisito dell'internazionalità del rapporto, non sussistono problemi, poiché le parti hanno la rispettiva sede d'affari in stati diversi, peraltro contraenti. Si aggiunga, per
completezza, che le parti non hanno fatto ricorso alla possibilità di escludere l'applicazione
della Convenzione, ancorché detta facoltà fosse loro spettante ed esercitabile anche in forma tacita, come spesso affermato dalla citata giurisprudenza italiana e da quella straniera (per tutte v. Cour de Cassation, 25 ottobre 2005, su witz.jura.uni1sb.de/CISG/decisions/251005v.htm).
Sulla base di tali considerazioni si deve concludere per l'applicabilità al contratto in questione
della Convenzione delle Nazioni Unite.
Ciò posto, occorre verificare la fondatezza della domanda creditoria azionata con procedimento
monitorio dalla società opposta.
In tal senso, si rileva che la parte opponente lamenta la consegna di beni non conformi alle qualità richieste.
A tale contestazione, peraltro contestata nel merito, la società opposta contrappone in primis
l'intervenuta decadenza per tardività della denuncia relativa.
Al fine di valutare la sussistenza del diritto della (...) srl di far valere il difetto di conformità
dei beni acquistati occorre fare riferimento alla disciplina dei cd. vizi di conformità applicabile,
contenuta nell'art. 35, e s.s. della Convenzione di Vienna.
In particolare, l'art. 35 prevede che il venditore debba consegnare beni di quantità, qualità e tipo
conformi a quelli richiesti dall'acquirente, che siano disposti od imballati conformemente alle
previsioni contrattuali.
Pertanto, i beni devono considerarsi difettosi:
- se risultano inidonei all'uso al quale servono abitualmente cose dello stesso tipo;
- ovvero, se risultano inidonei allo specifico uso al quale il compratore intende adibirli, sempreché quest'ultimo sia stato portato a conoscenza del venditore;
- se non possiedono le qualità dei beni che l'acquirente ha presentato al compratore come campione o modello;
- ed infine, se non sono disposti od imballati secondo il modo usuale per beni dello stesso tipo o, in difetto di un modo usuale, in un modo che sia comunque adeguato per conservarli e proteggerli.
Qualora i beni risultino difettosi, per non perdere la relativa garanzia l'acquirente deve denunziare al venditore i difetti, specificandone per quanto possibile la natura, entro un "tempo ragionevole" dal momento in cui li ha scoperti o avrebbe dovuto scoprirli (art. 39, comma 1); ed il concetto di
"ragionevolezza" del termine costituisce, secondo la prevalente opinione, una "clausola generale" e che non può che rimandare ad una valutazione da parte del Giudice di tutte le circostanze della fattispecie concreta (cfr. Trib. Cuneo, 31 gennaio 1996, cit.).
Il momento in cui i vizi dovevano essere scoperti va stabilito in base all'art. 38, ai sensi del quale "il compratore deve esaminare i beni o farli esaminare nel più breve tempo possibile avuto riguardo alle circostanze".
Diviene così evidente lo stretto legame tra l'art. 39 e l'art. 38, ovvero fra i doveri di ispezione e
tempestiva denunzia, sempre gravanti sul compratore.
Tale legame, tuttavia, non fa sì che per poter rendere efficace la garanzia una denuncia debba
sempre e comunque essere preceduta da un'ispezione: come sottolineato giustamente in dottrina, infatti, la mancata ispezione non comporta necessariamente la perdita del
diritto di fare valere i difetti, purché questi vengano tempestivamente segnalati, ossia prima del decorso del citato "periodo ragionevole" di tempo.
Con riferimento al caso de quo - avuto riguardo al combinato disposto degli artt. 38 e 39
della Convenzione stessa - i termini di decadenza e di prescrizione per far valere i difetti di
conformità non sono quindi di otto giorni e un anno ex art. 1495 c.c., ma devono rispettare il criterio del "tempo ragionevole", con la specificazione di un termine massimo di decadenza di due anni, secondo le prescrizioni dello strumento internazionale (art. 39 della Convenzione).
Allo scopo di poter decidere se l'opponente/acquirente abbia perso il diritto di fare valere la non
conformità della merce compravenduta occorre quindi svolgere considerazioni sulla decorrenza di entrambi i termini suddetti.
A tal fine rileva - giacché il contratto di compravendita implicava un trasporto dei beni - il dettato
dell'art. 38, comma 2, in virtù del quale l'ispezione della merce compravenduta può (ma non deve) essere differita fino al momento dell'arrivo a destinazione (v. anche Trib. Vigevano, 12 luglio 2000, in Gi.. it., 2001, 280 ss.), e ciò per dare all'acquirente la possibilità di esaminare attentamente la merce.
Giunta a destinazione, tuttavia, la merce deve essere ispezionata nel più breve tempo possibile.
Nel caso concreto la merce risulta giunta presso la sede della società acquirente in data 31.1.2019 (lotto 164 FR) ed in data 9.2.2019 (lotto 165 FR) - come da bolle di trasporto versate in atti dall'opponente. Da quest'ultime date, pertanto, decorre il summenzionato "più breve tempo
possibile" il quale - insieme al periodo entro il quale deve essere effettuata la denuncia di nonconformità - compone il "periodo ragionevole" che l'art. 39, comma 1, fissa a pena di decadenza.
Occorre pertanto individuare quale sia detto termine e se esso sia perentorio nel caso di specie.
A ciò potrebbero aver provveduto le parti in accordo fra loro; è noto, infatti, che l'art. 39, comma 1, è norma da esse derogabile (v. Trib. Vigevano, cit.; LG Gi., 5 luglio 1994, in Neue Juristische
Wochenschrift Rechtsprechungs-Report, 1995, 438 s.). Laddove, però, il termine non sia
convenzionalmente fissato, occorre tenere conto delle circostanze della fattispecie concreta, tenendo presente, fra l'altro, la natura dei beni oggetto della compravendita,
come spesso affermato anche dalla giurisprudenza italiana e straniera (v. Trib. Vigevano, ult.
cit.; Pretura Torino, 30 gennaio 1997, in Gi.. it., 1998, 982 ss.; AG Au., 29 gennaio 1996,).
Ne consegue, ad esempio, che se i beni oggetto della compravendita sono beni deperibili, il
tempo ragionevole entro il quale la denuncia deve essere effettuata è in generale più breve di quello entro il quale deve essere fatta la denuncia del difetto di conformità di beni non deperibili; lo stesso può dirsi con riferimento alla denuncia relativa a beni da utilizzare soltanto in una determinata stagione.
Nel determinare se una denuncia è tempestiva, inoltre, si deve (ex art. 9 della Convenzione delle
Nazioni Unite) tenere conto degli usi, nonché delle pratiche instauratesi tra le parti (v. Corte
arbitrale della Camera di Commercio e dell'Industria ungherese, lodo arbitrale VB/94131 del 5
dicembre 1995). Si è detto in dottrina che tale termine, ed il suo immediato decorso dal
momento del ricevimento dei beni, è evidentemente inteso a dare certezza al rapporto giuridico,
mirando per questa via a favorire lo sviluppo dei traffici internazionali: così come il compratore
ha interesse a conoscere quanto prima l'esistenza di vizi o difetti, così il venditore ha
indubbiamente interesse a sapere che la controparte è rimasta soddisfatta della merce, che non solleverà in futuro considerazioni di sorta, e che pertanto il rapporto può considerarsi positivamente esaurito.
Si è peraltro chiarito che la denuncia dei vizi non deve avere una forma particolare, potendo essere fatta anche oralmente o via telefono; che non solo deve essere tempestiva
ma deve anche specificare la natura del difetto, per dare al venditore la possibilità di verificare
la fondatezza e l'esattezza della denuncia, affinché egli possa eventualmente compiere un'attività di conformazione.
Ciò posto, e con riferimento al caso in esame ed in relazione alla sola merce contestata (lotto 164 FR contenuta nel container TGHU805808.0 e LO. 165 FR contenuta nel container
AMFU8748142), rilevata l'assenza di un termine convenzionale, occorrerà argomentare in base al
disposto dell'art. 38 e art. 39, comma 1, osservando altresì che i beni in questione, trattandosi di
prodotti alimentari (arachidi), sono deperibili, e che, quindi, il concetto di tempo ragionevole deve
essere considerato in modo restrittivo.
Ed invero, l'istruttoria condotta in corso di causa ha dato prova che, a prescindere dalle
problematiche riscontrate per lo sdoganamento della merce arrivata via mare in containers nel porto di Salerno in data 2.12.2018, la merce medesima è stata consegnata presso
la sede della società opponente dalla società di trasporto Gallozzi Schipping spa in
data 31.1.2019 (container TGHU805808.0) ed in data 9.2.2019 (container AMFU8748142); che la merce in oggetto è stata esaminata per la prima volta dalla società opponente, per sua stessa
ammissione, in data 14.2.2019 e che in seguito all'esame veniva riscontrata la presenza evidente di parassiti (cfr. doc. 5 allegato all'atto di opposizione); che l'acquirente spediva lettera di
contestazione alla venditrice in data 21.2.2019, lamentando la presenza di parassiti.
Orbene, il Tribunale ritiene che nel caso di specie, la denuncia dei vizi non sia tempestiva, in quanto la società acquirente (odierna opponente) ha atteso ben 14 giorni per il
lotto 165 FR e 5 giorni per il lotto 164 FR prima di ispezionare la merce consegnatagli e poi
ha atteso ulteriori 7 giorni per contestare formalmente la merce al venditore, con lettera raccomandata della quale, peraltro, non vi è prova che sia stata ricevuta dalla società acquirente.
In considerazione della natura della merce oggetto di compravendita (alimenti deperibili),
l'acquirente avrebbe dovuto procedere al suo esame il giorno stesso della consegna o al più il giorno dopo (e non attendere 5 e 14 giorni) e una volta avuto contezza della presenza dei parassiti, avrebbe dovuto contestare immediatamente i vizi al venditore, anche in
via informale (circostanza quest'ultima solo asseritamente affermata ma non provata
dall'opponente), anziché attendere ulteriori 7 giorni.

In considerazione della intempestività della denuncia, la società opponente è decaduta dalla relativa garanzia.
Pertanto, l'opposizione va rigettata, con conseguente conferma del decreto ingiuntivo opposto.
Anche le domande riconvenzionali proposte dall'opponente vanno rigettate.
Invero, l'art. 44 della Convenzione di Vienna prevede che “Nonostante le
disposizioni degli articoli 39 capoverso 1 e 43 capoverso 1, il compratore può ridurre il prezzo
conformemente all'articolo 50 o chiedere risarcimento, fatta eccezione per il lucro cessante, se ha una scusa ragionevole per aver omesso la denuncia richiesta”.
Orbene, nel caso di specie, l'opponente nulla ha dedotto in merito ai motivi del ritardo con cui ha effettuata la denuncia dei vizi al venditore.
Allo stesso modo va rigettata la domanda di scioglimento del contratto, atteso che ai sensi dell'art. 49 capoverso della Convenzione di Vienna, la società opponente avrebbe dovuto dichiarare sciolto il contratto entro un termine ragionevole.
Nel caso di specie, la società opponente ha dichiarato la volontà di recedere dal contratto con la
missiva del 21.2.2019, della quale però non vi è prova del ricevimento da parte della società
opposta.
Pertanto, non risultato rispettate, nella fattispecie in esame, le prescrizioni di cui all'art. 49 della
Convenzione.
Le spese di lite seguono la soccombenza dell'opponente e si liquidano come da dispositivo a suo carico in base ai criteri medi di cui al D.M. 2014/55.
(...)}}

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