Data
- Date:
- 05-07-2019
- Country:
- Italy
- Number:
- 652/2019
- Court:
- Tribunale di Pisa
- Parties:
- Devtel s.r.l. v. Inalp Newtorks AG
Keywords
SELLER'S OBLIGATION TO DELIVER CONFORMING GOODS - FITNESS FOR ORDINARY USE (ART. 35(2)(a) CISG)
BUYER'S RIGHT TO REDUCE PRICE (ART. 50 CISG)
Abstract
An Italian buyer ordered electronic equipment (routers) from a Swiss manufacturer. The seller paid half of the price; however, alleging that the received goods were not conforming and unfit for the purpose the goods of the same kind would ordinarily be used, it refused to make the final payment.
The seller sued the buyer and obtained an order for payment in its favor. The buyer challenged the decision.
As to the applicable law, the Court found that the Convention applied, as both parties were situated in Contracting States (Art. 1(1)(a) CISG).
With regards to the merits, the Court ascertained that, contrary to what argued by the seller, the buyer did not notify the defects in untimely manner. Therefore, the buyer had not forfeited its right to avail itself of the remedies for non-conformity.
Also, the Court rejected the seller’s argument that the goods received were totally different from those ordered (aliud pro alio). Indeed, as the Court found that more than 50% of the equipment had been installed at the final customers’ places, the goods were to be held as suitable to their ordinary purpose.
Further, the Court ruled that both parties had concurred in determining non-conformity of the goods because, on the one hand, the seller had failed to obtain the certification necessary for the commercialization in Italy; on the other hand, because the buyer had improperly installed the received equipment, and had not informed the seller of the specific use for which the goods would have been used.
Finally, while recognizing that the buyer was entitled to reduce price in accordance with Art. 50 CISG, the Court denied that the buyer had the right to obtain damages, considering that no adequate proof in support of such a claim had been brought before it.
Fulltext
FATTO E PROCESSO
La Devtel srl, ha proposto il presente giudizio di opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. (omissis...)/09 emesso dal Tribunale di Pisa per la somma di Euro 15.076,37, quale parziale pagamento del corrispettivo previsto della fattura n. 100-1547 del 31/08/2005 emessa dalla Inalp Networks AG.
L'opponente ha allegato:
-di aver ordinato e ricevuto dalla società opposta la fornitura di 200 apparati "SmartNode Isdn VOIO SoHo Router ISDN 2x Bri so, 10/100 base TX WAN, integrated 4-port 10/100b TX Lan switch, external UI poer (100-240 VAC)" (di seguito "apparati") per un prezzo concordato in complessivi Euro 30.152,00;
-di essersi determinata all'acquisto dei prodotti dietro assicurazione della Inalp che gli stessi sarebbero stati perfettamente compatibili con il sistema di rete e telematico italiano;
-di aver pagato il 50% del prezzo della fattura;
-di aver riscontrato problematiche strutturali e di compatibilità con il sistema fonico italiano degli apparati ricevuti, dopo aver proceduto con le prime installazioni;
-che la presenza di tali problematiche ha reso di fatto gli apparati inutilizzabili per il fine per cui erano stati acquistati;
-che sin dall'inizio di settembre 2005 ha mosso delle precise e ferme contestazioni alla Inalp Networks, con la quale è iniziato un lungo carteggio via e-mail per cercare di risolvere le problematiche riscontrate;
-che i contatti via mail tra le due società sono proseguiti ininterrottamente sino al febbraio del 2006;
-che il successivo contatto, avvenuto nel maggio 2007, ha visto la richiesta della società opposta di saldo del restante 50% della fattura;
-di non aver provveduto al saldo poichè ha ritenuto la somma già versata pienamente satisfattiva della fornitura eseguita, dato che si è trovata ad avere una serie di apparecchiature del tutto inutilizzabili e ha dovuto sopperire alle problematiche provocate dalle restanti apparecchiature tramite l'acquisto di altri dispositivi prodotti da altre ditte –con dispendio di ulteriori somme di denaro;
-che l'irrisolta problematica le ha causato ingenti danni, anche di immagine (avrebbe ricevuto continue lamentele e segnalazioni dai clienti a cui aveva installato gli apparecchi in questione);
-che le problematiche riscontrate permettono di affermare che si versi in un caso di vendita di aliud pro alio, cioè di beni privi delle caratteristiche e delle capacità funzionali che identificano il bene come tale per difformità qualitative intrinseche;
-che la Inalp è dunque inadempiente alla sua obbligazione;
In funzione di queste allegazioni l'opponente ha formalizzato, in via riconvenzionale, domanda estimatoria di riduzione del prezzo del contratto di acquisto e domanda di risarcimento del danno subito –sia sotto il profilo del danno emergente che del lucro cessante.
Si è costituita in giudizio la società opposta, la quale ha dedotto:
-che la Devtel è decaduta dalla garanzia prevista in materia di compravendita sia in applicazione degli artt. 1490 e ss. c.c., che in applicazione degli artt. 38 e 39 della Convenzione di Vienna del 1980 (sulla vendita internazionale di merci);
-la prescrizione delle azioni formulate dalla opponente in via riconvenzionale, per non aver posto in essere alcun atto idoneo ad interrompere il decorso della prescrizione;
-che le problematiche riscontrate dalla Devtel nell'installazione delle apparecchiature sono dipese da un utilizzo improprio effettuato dalla stessa e da scarsa preparazione tecnica del suo personale;
-che non sono stati indicati, dall'opponente, i criteri in base ai quali ha calcolato la riduzione del prezzo ed il risarcimento del danno, risultando le richieste del tutto generiche, esorbitanti e prive di supporto probatorio.
La causa è stata istruita con CTU tecnica ed è quindi stata trattenuta in decisione con concessione dei termini di cui all'art. 190 c.p.c.
DIRITTO
Prima di esaminare il merito della causa, occorre chiarire il perimetro normativo entro il quale ricondurre la presente controversia. Invero, il contratto di compravendita è stato stipulato tra una società (venditrice) con sede legale in Svizzera ed una società (acquirente) con sede legale in Italia, pertanto non è applicabile sic et simpliciter la legge italiana, dovendosi fare ricorso alle disposizioni di cui alla legge n. 218 del 1995 ed ai relativi criteri di collegamento. Trattandosi di obbligazione contrattuale, a norma dell'art. 57 trova applicazione la Convenzione di Roma del 19 giugno 1980 - successivamente sostituita dal Regolamento (Ce) n. 593/2008- "senza pregiudizio delle altre convenzioni internazionali, in quanto applicabili". Nel caso di specie risulta applicabile in effetti una diversa Convenzione internazionale; la Svizzera non rientra nè tra i firmatari della Convenzione di Roma nè tra i membri dell'Unione Europea; conseguentemente la fattispecie è regolata dalla Convenzione di Vienna sulla vendita internazionale di merci dell'11 aprile 1980, ratificata dall'Italia con legge n. 765 del 1985 e alla quale ha aderito anche la Svizzera.
La citata Convenzione all'art. 1, nel delineare il proprio campo di applicazione, così dispone: "la presente Convenzione si applica ai contratti di vendita delle merci fra parti aventi la loro sede di affari in Stati diversi: a) quando questi Stati sono Stati contraenti (...)".
Appurata la normativa applicabile al caso di specie, è possibile prendere in considerazione, preliminarmente, l'eccezione di improcedibilità della domanda, per mancanza di preventivo, obbligatorio tentativo di conciliazione ex art. 1 comma 11 legge 249/97, sollevata dall'opponente nella prima memoria ex art. 183, comma 6 n. 1 c.p.c.; l'eccezione sollevata è priva di pregio in quanto, al caso di specie, si applica la Convenzione di Vienna e non la normativa italiana.
Chiarito ciò è possibile esaminare le questioni di merito poste dalle parti.
Assumono rilevanza, ai fini della soluzione della presente controversia:
-l'art. 35 della Convenzione, ai sensi del quale: "le merci sono conformi al contratto solo se: a) sono atte agli usi ai quali servirebbero abitualmente merci dello stesso genere;
b) sono atte ad ogni uso speciale, espressamente o tacitamente portato a conoscenza del venditore al momento della conclusione del contratto, a meno che risulti dalle circostanze che l'acquirente non si è affidato alla competenza o alla valutazione del venditore o che non era ragionevole da parte sua farlo; (...)";
-l'art. 36 il quale prevede la responsabilità del venditore in caso di difetto di conformità del bene venduto anche se tale difetto si manifesta solamente in un momento successivo;
-l'art. 39 ai sensi del quale: "il compratore perde il diritto di far valere un difetto di conformità della merce se non lo denuncia al venditore, precisandone la natura, entro un termine ragionevole a partire dal momento in cui l'ha scoperto o avrebbe dovuto scoprirlo. In ogni caso, il compratore perde il diritto di far valere il difetto di conformità se non lo denuncia al venditore al più tardi entro due anni dalla data in cui la merce gli fu effettivamente consegnata, a meno che tale scadenza non sia incompatibile con la durata di una garanzia contrattuale."
Sul piano più strettamente rimediale, l'acquirente può esigere dal venditore la consegna di altre merci in sostituzione o che il venditore ponga riparo al difetto di conformità (art. 46); inoltre, se l'inadempimento ha carattere essenziale, può essere chiesta la risoluzione del contratto (art. 49) o, in caso di semplice difetto di conformità, può domandarsi la riduzione del prezzo, "proporzionalmente alla differenza fra il valore che le merci effettivamente consegnate avevano al momento della consegna ed il valore che merci conformi avrebbero avuto in tale momento", fermo restando il diritto ai c.d. danni-interessi, che "sono uguali alla perdita subita ed al guadagno mancato dell'altra parte a seguito dell'inadempienza" (art. 76).
Fatte tali opportune premesse è possibile esaminare il caso concreto a partire all'eccezione di decadenza formulata dalla società opposta. In particolare, ribadita l'inapplicabilità della normativa nazionale italiana, la denuncia del difetto di conformità deve avvenire da parte del compratore entro un "termine ragionevole"; ebbene, dalla documentazione allegata riguardante le e-mail intercorse tra le parti, e non contestata, è possibile rilevare che la consegna della merce è avvenuta in data 31/08/2005, mentre le prime contestazioni sono state mosse in data 28/09/2005, pertanto il termine "ragionevole" può dirsi rispettato in quanto i vizi lamentati dalla società opponente potevano essere appresi non al momento della consegna, ma a quello dell'effettiva installazione e dell'effettivo utilizzo degli apparecchi. L'eccezione va quindi rigettata.
Per quanto attiene alla presunta vendita di aliud pro alio, prescindendo dalla terminologia riconducibile prettamente all'ordinamento italiano e guardando alla sostanza di tale locuzione, è possibile affermare che alcuna vendita di aliud pro alio sia stata posta in essere. Invero, più del 50% dei prodotti consegnati sono stati utilizzati per gli scopi per cui erano stati acquistati (cioè l'installazione presso i clienti), da ciò discende che i beni acquistati fossero astrattamente idonei allo scopo. Dell'originaria fornitura di ben 200 adattatori, solo 60, stando alle allegazioni di parte opponente, sono rimasti in magazzino. Per l'installazione degli ulteriori 140 apparecchi, l'opponente ha allegato di essere ricorsa all'acquisto di apparati volti ad integrare le criticità constatate, ma di tale circostanza allegata non è stata offerta alcuna prova. Non essendovi alcuna prova volta a dimostrare il contrario, si deve presumere che 140 apparati fossero idonei allo scopo per il quale sono stati acquistati.
Escluso, dunque, che vi sia stata vendita di aliud pro alio, si può passare ad esaminare l'inadempimento per difetto di conformità.
Per vagliare la sussistenza o meno dei difetti di conformità allegati è opportuno partire dalle risultanze della consulenza tecnica espletata in corso di causa. Il consulente nella sua relazione ha accertato:
-che gli l'apparecchi, nei fatti, potevano essere connessi "in una molteplicità di situazioni";
-che vi erano comunque problematiche di compatibilità degli apparati con l'Italian PBX e problematiche di sincronizzazione;
-che l'origine dei "fatal errors" riscontrati e segnalati è legata alle modalità di connessione e che, avendo la Devtel fatto un uso improprio degli apparati nella fase dell'istallazione (compiendo una sincronizzazione contemporanea su una pluralità di linee) le problematiche lamentate sono da ascrivere alla sua responsabilità.
Il CTU per affermare che vi era la possibilità di connettere l'apparato in una molteplicità di situazioni ha fatto riferimento a due documenti, allegato 2 e allegato 3 della perizia, che parte opponente ha contestato in quanto documenti forniti da parte opposta senza alcuna autorizzazione giudiziale, e quando i termini per la produzione documentale erano ormai scaduti. Sulla base delle osservazioni mosse dal CT di parte opponente, il Giudice ha chiamato a chiarimenti il CTU, il quale, in risposta ai chiarimenti richiesti, ha precisato:
-che l'apparato è in grado di interfacciarsi alla rete in tutte le configurazioni che non prevedono l'uso di un pbx;
-che l'allegato n. 2, effettivamente, non si riferisce allo stesso apparato oggetto di contenzioso;
-che gli allegati n. 2 e n. 3 non dimostrano l'idoneità dell'apparato ad essere connesso;
-che, tuttavia, l'idoneità dell'apparato ad essere connesso alla rete italiana ed Europea è desumibile dall'allegato 1 bis.
Il consulente ha anche rilevato, nella prima relazione tecnica depositata, che la società opposta, all'epoca dei fatti, avrebbe avuto l'obbligo di chiedere l'omologazione degli apparati di telecomunicazione all'Istituto Superiore delle Telecomunicazioni, ma che ciò non è stato fatto.
Dalle risultanze della CTU è dunque emerso che i beni venduti non erano conformi poichè privi dell'omologazione; dall'altro canto, però, nonostante l'assenza dell'omologa, il CTU ha chiarito che i malfunzionamenti non sono imputabili all'apparato in sè, che è stato riconosciuto in grado di interfacciarsi alla rete in tutti i casi in cui non vi sia l'uso di un pbx e ha anche aggiunto, apoditticamente, che in molti casi si tratta però di PBX non conformi.
Della mancata omologazione deve tenersi conto nella valutazione della domanda di parte attrice.
Deve tuttavia tenersi conto anche della circostanza che l'opponente non ha provato di avere offerto la restituzione degli apparecchi alla Inalp Network, nè lo ha fatto in questa sede. Deve puntualizzarsi che la scelta tra una delle due azioni edilizie - e cioè tra actio redhibitoria ed actio quanti minoris - non è neutra ai fini della quantificazione del danno subito. L'azione redibitoria - impropriamente tradotta nella Convenzione come azione rescissoria - ha infatti natura risolutoria, e al suo accoglimento consegue lo scioglimento del negozio con efficacia ex tunc e l'obbligo in capo al venditore di restituire al compratore il prezzo e di rimborsargli le spese e i pagamenti legittimamente fatti per la vendita e il corrispondente obbligo in capo al compratore di restituire il bene. L'azione estimatoria, di contro, non comporta lo scioglimento del rapporto contrattuale e i conseguenti effetti restitutori, ma soltanto una modificazione in via giudiziaria del contratto, sicchè chi la propone accetta di trattenere il bene difettoso, pretendendo soltanto di essere ristorato per il minor valore del bene.
Venendo ai vizi lamentati dall'opponente relativi alla difficoltà di connettere gli apparecchi con centralini PBX, alla luce delle conclusioni del ctu, è emerso che gli apparati non fossero perfettamente interfacciabili con la rete italiana, in caso di presenza di una centralina o PBX. La parte opposta ha allegato che tale problematica, provata non solo dalla relazione tecnica, ma anche dall'ampia corrispondenza in atti, dipende da un errore nell'ordinativo del prodotto da parte della Devtel srl, che non l'ha informata dell'utilizzo che intendeva fare degli apparecchi ordinati, poichè in caso contrario, "le avrebbe consegnato senza alcun problema altri prodotti presenti sul suo catalogo, che avevano caratteristiche tecniche idonee a soddisfare quelle esigenze" (cfr. comparsa di costituzione Inalp, pag. 6). La causa dei problemi sarebbe quindi "l'utilizzo improprio degli apparecchi, nati per la connessione ad una sola linea".
Tale ricostruzione, come anticipato, è stata accolta dal ctu.
Osserva questo giudice che l'opponente non ha provato di avere specificato alla venditrice che gli apparecchi dovevano essere per lo più interfacciati a PBX, nè lo ha allegato.
Ha comunque allegato, come già riscontrato, di avere superato la problematica mediante acquisto (non provato) di dispositivi intermedi aggiuntivi per 140 apparecchi. La problematica di interconnessione va quindi addebitata alla responsabilità della opponente.
In ragione della addebitabilità dei difetti lamentati ad entrambe le parti (alla venditrice, quanto al difetto di omologazione – che renderebbe gli apparecchi inidonei alla commercializzazione - ; alla acquirente, quanto alla scelta degli apparecchi e alle modalità di installazione e interconnessione praticate) deve riconoscersi una proporzionata riduzione del prezzo (che, secondo le norme convenzionali applicabili, va commisurata alla differenza fra il valore che le merci effettivamente consegnate avevano al momento della consegna ed il valore che merci conformi avrebbero avuto in tale momento) e alla quantificazione del danno da inadempimento richiesto dalla Devtel.
Passando, quindi, alla quantificazione, può affermarsi che il valore delle merci effettivamente conformi coincida con quello in concreto applicato dalla società venditrice, e cioè Euro 8.100,00 oltre IVA (corrispondente ad Euro 135,00 x 60 apparati), mentre il reale valore, tenuto conto che gli apparecchi acquistati non erano omologati può essere quantificato, in via equitativa (cfr. Cass. 13332/2000 sull'ammissibilità del ricorso a criteri equitativi nell'ambito dell'azione di riduzione del prezzo), in Euro 3.240,00 sicchè il minor prezzo risulta pari a Euro 4.860,00. Su tale somma andranno applicati l'IVA e gli interessi al tasso legale.
Inoltre vanno aggiunti Euro 5.400,00 per il pagamento dei residui 40 apparanti su 140 acquistati dall'opponente (volendo imputare il 50% già pagato dall'opponente quale prezzo per la fornitura di 100 apparati funzionanti), per un totale pari ad Euro 10.260,00 oltre IVA.
Con l'azione risarcitoria la Devtel ha chiesto inoltre il risarcimento del danno in termini di lucro cessante (per il mancato guadagno che sarebbe derivato alla stessa laddove gli apparecchi fossero stati perfettamente funzionanti ed in grado di interfacciarsi correttamente) ed in termini di danno emergente (per aver dovuto sopperire ai difetti degli apparati attraverso l'acquisto di altri apparati presso terze società e per aver dovuto finalizzare dei costi alla ricerca di soluzioni tecnico-informatiche alternative).
Atteso che le problematiche di interconnessione sono addebitabili alla Devtel srl, non spetta a parte attrice alcuna di tale voce di danno.
Per quanto attiene al danno emergente, va aggiunto anche che non è stata offerta alcuna prova in merito, neppure documentale; infatti, non sono state prodotte eventuali fatture volte a dimostrare la necessità di sostenere maggiori costi per sopperire alla difformità degli apparati, così come non è stata offerta prova delle risorse effettivamente impiegate nella ricerca di una soluzione.
Infine, la Devtel ha chiesto che il Giudice calcoli in via equitativa i danni subiti all'immagine della società, ma anche in questo caso non è stata offerta nessuna prova del danno richiesto, non sono state allegate e-mail di contestazione da parte dei clienti e non è stata offerta alcuna prova circa l'allegata restituzione degli apparati e la disdetta dei contrati effettuate dai vari clienti.
Con riguardo, infine, alla regolamentazione delle spese di lite, la quasi totale soccombenza dell'opponente comporta la sua condanna alla rifusione delle spese, che vengono liquidate in dispositivo tenendo conto del valore della controversia e sulla base dei parametri di cui al D.M. 55/2014,
Le spese di c.t.u., invece, restano definitivamente poste a carico solidale delle parti.
P.Q.M.
Il Tribunale di Pisa, definitivamente pronunciando, così dispone:
Accoglie parzialmente l'opposizione e, per l'effetto, revoca il decreto ingiuntivo opposto;
Condanna l'opponente al pagamento di Euro 10.260,00 oltre IVA in favore dell'opposta;
Condanna l'opponente al pagamento delle spese di lite, in favore dell'opposta, che liquida in Euro 4.835,00 oltre spese generali, IVA e CPA come per legge.}}
Source
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