Data
- Date:
- 10-11-2022
- Country:
- Italy
- Number:
- 33246/2022
- Court:
- Corte Suprema di Cassazione
- Parties:
- --
Keywords
INTERPRETATION OF ART. 7, No. 1, lit (b), OF EU REGULATION N. 1215/2012 ESTABLISHING JURISDICTION OF COURTS FOR "PLACE OF DELIVERY OF THE GOODS" - RECOURSE TO CISG EXCLUDED
Abstract
In the context of a dispute pending before the Tribunal of Pistoia in relation to an international sale of bottles of wine between an Italian seller and a Polish buyer, the buyer initiated proceedings before the Supreme Court to challenge the Italian Courts’ jurisdiction.
The Court asserted that the jurisdiction had to be ascertained according to the Regulation (EU) no. 1215 of the European Parliament and of the Council of 12 December 2012 on Jurisdiction and the Recognition and Enforcement of Judgments in Civil and Commercial Matters (Recast), which provides for special alternative fora in matters relating to a contract. More specifically, the Regulation provides, in its Art. 7 Nr. 1 lit. b, that in the case of the sale of goods, a person domiciled in a Member State may be sued in the place in a Member State where, under the contract, the goods were delivered or should have been delivered.
In the opinion of the Court, the place of delivery for the purpose of Art. 7, n.1, lit. b must be determined without having regard to the rules of private international law of the Member State of the forum, as well as the substantive law that would be applicable under the latter, including the Convention. In the case at hand, the place of delivery was in Poland, as the goods had to be delivered at the buyer’s premises.
Furthermore, the Court rejected the seller’s argument in support of the Italian Courts jurisdiction that the goods should have been considered as delivered in Italy pursuant to a clause in the contract reading "Incoterms EXW Lamporecchio (Pistoia)”. As noted by the Court, even if it is possible, in principle, for the purpose of identifying the place of delivery, to have recourse to the terms and clauses generally recognized in international trade, such as the Incoterms, the clause in question could not be considered as a valid agreement regarding the place of delivery of the goods.
In light of the above, the Court declined to have jurisdiction over the case.
Fulltext
(...)
Fatti di causa
Nell’ambito di una controversia pendente avanti il Tribunale di Pistoia in relazione a una compravendita internazionale di bottiglie di vino tra la società venditrice [...] e la società acquirente polacca [...] nella quale la venditrice aveva azionato in monitorio (secondo il modulo cd. Ipe: «domanda di Ingiunzione di pagamento europeo», ex Reg. CE n. 1896 del 2006) il credito corrispondente al prezzo e l’acquirente depositato un atto di opposizione affermando di aver già estinto il debito, è stato proposto, da parte dell’acquirente, regolamento di giurisdizione dopo che, su indicazione del giudice istruttore, la [...] aveva provveduto a notificare l’atto di citazione contenente gli elementi di cui all’art. 163 cod. proc. civ. (v. Cass. Sez. U n. 2840-19).
La [...] ha replicato con controricorso. Le parti hanno depositato memorie.
Ragioni della decisione
I. Il ricorso per regolamento consta di quattro motivi.
Col primo, invocando l’art. 4 del Regolamento (UE) n. 1215 del 2012, la ricorrente innanzi tutto deduce, a sostegno della incompetenza giurisdizionale del giudice italiano, il foro generale del convenuto, nel senso che, essendo essa domiciliata in Polonia, doveva essere convenuta davanti all’autorità giurisdizionale polacca.
Col secondo soggiunge che ad analoga conclusione si dovrebbe pervenire in base alla scelta dell’autorità giurisdizionale operata dalle parti nel contratto, essendo vigente sin 2009 un contratto di vendita internazionale di bottiglie di vino con etichette personalizzate, concluso per iscritto, stipulato in lingua inglese, con allegate le condizioni generali di fornitura alle quali rispondevano anche gli ordinativi oggetto di lite; giustappunto il contratto conterrebbe, secondo la ricorrente, nell’art. 11, un «accordo di proroga di competenza» ai sensi dell’art 25 del Regolamento (UE) n. 1215/2012, avendo le parti scelto, per qualunque controversia discendente dall’esecuzione del medesimo contratto, la competenza esclusiva dell’autorità giurisdizionale polacca.
Col terzo motivo, e in subordine, la ricorrente denunzia il difetto di giurisdizione del giudice italiano in forza dell’art 7, n. 1, lett. b), del Regolamento (UE) n. 1215/2015 e dell’inapplicabilità del diritto sostanziale nazionale ai fini della determinazione della giurisdizione: la tesi è che, ove si dovesse ritenere che sia mancata una scelta sulla competenza giurisdizionale, andrebbe comunque applicato il citato art. 7 lett. b) come foro speciale alternativo, in relazione al luogo in cui l’obbligazione dedotta in giudizio è stata o deve essere eseguita; luogo che, in caso di compravendita di beni mobili, e salva diversa convenzione, coincide con quello situato in uno Stato membro in cui i beni sono stati o avrebbero dovuto essere consegnati in base al contratto; dovendosi escludere, in ossequio alla giurisprudenza
della Corte di giustizia (v. sent. 25-2-2010 in causa C-381/08), che per la relativa determinazione si possa far ricorso alle norme di diritto internazionale privato dello stato membro del foro, nonché al diritto sostanziale che sarebbe applicabile in base a quest’ultimo, e anche a fortiori della Convenzione di Vienna del 1980, stante la prevalenza ai fini della giurisdizione delle previsioni del Regolamento (CE) n. 44 del 2001 e ora del Regolamento (UE) n. 1215/2012, la ricorrente sostiene che la norma sopra citata andrebbe intesa nel senso di individuare l’obbligazione dedotta in giudizio in quella caratterizzante il contratto, così da doversi far riferimento al "luogo di consegna" individuabile nel recapito finale (giustappunto in Polonia) della merce da trasportare.
Infine, nel quarto mezzo, la ricorrente sottolinea l’assenza di pattuizioni modificative del luogo di consegna della merce, per le conseguenze che rilevano sempre sul piano dell’attribuzione
della competenza giurisdizionale, giacché una diversa convenzione, e dunque un alternativo accordo stipulato dalle parti sul luogo di consegna dei beni, per assumere prevalenza sui criteri fin qui esposti avrebbe dovuto risultare per iscritto.
II. Nel controricorso è prospettata innanzi tutto un’obiezione di ordine processuale.
Si sostiene che il ricorso per regolamento sarebbe inammissibile perché il giudice del merito ha dato corso all’istruttoria, avendo ammesso le prove sulle circostanze necessarie all’individuazione del luogo di consegna della merce.
Questa eccezione non merita seguito in quanto la questione è dalla controricorrente prospettata unicamente in fatto; e dunque non è essenziale ai fini della giurisdizione, come emerge dagli stessi capitoli di prova che il controricorso evidenzia essere stati ammessi da parte del giudice istruttore.
Il problema non è quello del luogo in cui l’obbligazione di consegna è stata (o sarebbe stata) adempiuta in fatto, ma quello della individuazione del luogo di consegna stabilito nel contratto.
Per quanto sia vero che il regolamento di giurisdizione è generalmente inammissibile in dipendenza dell’impossibilità di dedurre avanti alla Corte di cassazione prove costituende, è pur sempre altrettanto vero che è necessario contemperare i pur evidenti limiti dei poteri di accertamento della Corte con le esigenze di immediata regolazione della giurisdizione sottese all’istituto (v. Cass. Sez. U. n. 29879-18, Cass. Sez. U n. 7035-06, Cass. Sez. U n. 10089-01).
Il coordinamento interpretativo conseguente a tale necessità implica doversi affermare che è inammissibile il regolamento ove l’istruttoria sia da espletare su circostanze direttamente rilevanti ai fini della decisione sulla giurisdizione (v. in motivazione Cass. Sez. U n. 28675-20); non anche invece quando la questione di giurisdizione possa essere risolta in base ad argomenti e a elementi sui quali – come nella specie – l’esito dell’attività istruttoria non è in grado di influire.
III. In ordine alla giurisdizione la controricorrente insiste invece nel dire che essa spetta al giudice italiano, affidandosi alla duplice considerazione già svolta dinanzi al giudice del merito: vale a dire che (a) il contratto-quadro di vendita di beni mobili conteneva, all’art. 3, una clausola «Incoterms EXW Lamporecchio (Pistoia)» e dunque «ex contractu la merce [era] stata consegnata a Lamporecchio quale luogo di esecuzione dell’obbligazione caratteristica», con conseguente sussistenza della giurisdizione italiana; e che (b) l’art. 11, comma 6, del contratto- quadro, contemplante una clausola di accordo di proroga, legittimava la giurisdizione sulla base di più fori concorrenti.
Aggiunge però l’ulteriore considerazione che la sua domanda di condanna sarebbe stata da associare a forniture di vino aventi a oggetto prodotti diversi e non compresi nel contratto- quadro sopra detto.
IV. La Corte osserva che è di tutta evidenza la contraddittorietà di codesto ultimo enunciato ove raffrontato ai primi due, perché in base a esso quel contratto (del 2009), che pur è stato assunto a fondamento delle difese di merito, non sarebbe in definitiva rilevante ai fini specifici per diversità di merce (v. controricorso, pag. 10 e seg.).
In ogni caso, anche a tacere di questo aspetto, è decisivo che la giurisdizione si determina alla luce della domanda, e la stessa [...] ha fin dalla citazione dedotto i fatti costitutivi in termini coerenti con l’essere l’obbligazione discendente dal contratto-quadro.
L’attrice ha affermato, in vero, di aver allacciato rapporti commerciali proficui con la [...] (società di diritto polacco attiva nella distribuzione e nella vendita al pubblico di alimentari a mezzo di una catena di supermercati) negli ultimi due decenni, e che la controversia per cui è causa «è sorta nei primi mesi del 2020, su una somma annua superiore ad un milione di euro a mezzo plurime singole vendite con cadenza sostanzialmente mensile».
Ha poi soggiunto di aver così «approvvigionato il proprio magazzino di merce personalizzata per la [...] con le specifiche etichette recanti il marchio d’impresa «[...]» e quello secondario «[...]» DOCG e le c.d. banderuole polacche da quella periodicamente fornite, sostanzialmente equivalenti al nostro ‘contrassegno di Stato’, necessario per la commercializzazione di bevande alcoliche».
In questa prospettiva ha esplicitamente riconosciuto che gli ordinativi di merce oggetto di causa, del cui prezzo l’acquirente era rimasta debitrice, erano stati fatti «nell’ambito dell’usualità e della storicità di quei rapporti».
Appare da ciò confortata la conclusione che la domanda sia stata formulata sul presupposto che le vendite fossero da collocare nel contesto del rapporto inter partes storicamente discendente dal contratto-quadro indicato dalla ricorrente, secondo le clausole disciplinari contenute in quel contratto non per niente richiamate dalla stessa attrice.
V. Tanto considerato, difetta la giurisdizione del giudice italiano.
VI. In termini generali viene in rilievo il Regolamento (UE) n. 1215 del 2012. Tale Regolamento ha superato quello anteriore (CE) n. 44 del 2001 e la stessa convenzione di Bruxelles del 1968, mediante, peraltro, una esplicita garanzia di continuità tra le dette normative, attuata per il tramite di adeguate disposizioni transitorie.
L’art. 4 del citato Regolamento (UE) n. 1215 del 2012 prevede che «le persone domiciliate nel territorio di un determinato Stato membro sono convenute, a prescindere dalla loro cittadinanza, davanti alle autorità giurisdizionali di tale Stato membro».
In forza di simile criterio la [...] avrebbe dovuto esser convenuta in Polonia.
VII. L’art. 5 aggiunge la regola che «le persone domiciliate nel territorio di uno Stato membro possono essere convenute davanti alle autorità giurisdizionali di un altro Stato membro solo ai sensi delle norme di cui alle sezioni da 2 a 7 del presente capo».
La sezione 2 è appositamente dedicata alle cd. «competenze speciali» e, per quanto rileva in questa sede, stabilisce, nell’art. 7, la duplice essenziale (ulteriore) regola per cui una persona domiciliata in uno Stato membro può essere convenuta in un altro Stato membro:
«1)
a) in materia contrattuale, davanti all’autorità giurisdizionale del luogo di esecuzione dell’obbligazione dedotta in giudizio;
b) ai fini dell’applicazione della presente disposizione, e salvo diversa convenzione,il luogo di esecuzione dell’obbligazione dedotta in giudizio è:
nel caso della compravendita di beni, il luogo, situato in uno Stato membro, in cui i beni sono stati o avrebbero dovuto essere consegnati in base al contratto,
nel caso della prestazione di servizi, il luogo, situato in uno Stato membro, in cui i servizi sono stati o avrebbero dovuto essere prestati in base al contratto»
- -
VIII.
A codesta «competenza speciale» si rifà la controricorrente, ma la chiarezza della formula impiegata esclude che possa considerarsi luogo di esecuzione quello della obbligazione dedotta in giudizio dalla parte attrice, secondo le specifiche norme dettate dagli ordinamenti nazionali (v. anche Cass. Sez. U n. 18299-21).
Il contratto che interessa è in sé e per sé il contratto-quadro, che fin dal 2009 ha disciplinato il rapporto tra le parti e nel cui contesto si sono inseriti gli ordinativi di vendita.
Quel contratto attiene a merce da consegnare di volta in volta presso la sede del compratore, e dunque ancora una volta in Polonia.
IX. La controricorrente invoca una diversa esegesi dell’art. 11, comma 6, del citato contratto- quadro, dicendo che sarebbe contemplata una clausola con più fori concorrenti: (i) quello della sede ufficiale del compratore, (ii) quello della esecuzione del contratto, (iii) quello di una specifica sede operativa.
La sottolineatura non è conducente, in quanto postula che il luogo di esecuzione del contratto sia quello indicato nel singolo ordinativo, in rapporto al luogo di esecuzione dell’obbligazione caratteristica; il che non è per l’elementare ragione che la clausola fa riferimento al luogo di esecuzione «del presente contratto», vale a dire a quello stabilito – come detto – nel contratto-quadro.
X. Infine, e ulteriormente, la società controricorrente insiste sulla rilevanza della clausola «Incoterms EXW Lamporecchio (Pistoia)», contenuta nell’art. 3 del contratto medesimo.
In virtù di detta clausola sostiene che la merce si sarebbe dovuta ritenere consegnata appunto a Lamporecchio, quale luogo di esecuzione dell’obbligazione caratteristica, con conseguente determinazione della giurisdizione italiana.
La tesi è per questa parte non condivisibile poiché non supportata da elementi certi ai fini della determinazione della competenza giurisdizionale.
La clausola in argomento, riportata nel controricorso, attiene alle «condizioni commerciali» ed è testualmente riferita in funzione della determinazione del prezzo: «il prezzo del prodotto
si intende come EXW 51035 Lamporecchio (Incoterms 2000) con banderuole e pellets».
Per generale principio, di contro, in tema di vendita internazionale a distanza di beni mobili il giudice chiamato a decidere sulla propria giurisdizione, rispetto a tutte le controversie nascenti dal contratto, ivi comprese quelle relative al pagamento dei beni alienati, deve applicare il criterio del luogo di esecuzione della prestazione di consegna.
Una diversa convenzione stipulata dalle parti può assumere prevalenza solo se riferita al luogo di consegna dei beni, e in tal senso deve essere chiara ed esplicita, sì da risultare nitidamente
dal contratto stesso.
In questi precisi limiti è possibile, ai fini dell’identificazione del luogo, far ricorso ai termini e alle clausole generalmente riconosciute nel commercio internazionale, quali gli Incoterms, purché da essi risulti con chiarezza la determinazione contrattuale ai fini della determinazione del luogo di consegna (v. Cass. Sez. U n. 24279-14, Cass. Sez. U n. 17566-19).
Nel caso concreto un tal tipo di convenzione non emerge dal documento contrattuale, e la stessa società controricorrente ne ha postulato la prova unicamente in base a elementi diversi, generici e indiretti (come quelli aggiuntivi riferiti alle fatture o ai documenti di trasporto).
XI. In conclusione, va affermato il difetto di giurisdizione del giudice italiano.
Viene di conseguenza meno l’efficacia del decreto oggetto del procedimento monitorio europeo, del quale dunque non è necessario disporre la revoca.
Le spese processuali possono essere interamente compensate in considerazione della non agevole soluzione della questione processuale, tenuto conto dell’articolazione della vicenda negoziale sottostante.
P.Q.M.
La Corte, a sezioni unite, dichiara il difetto di giurisdizione del giudice italiano e compensa per intero le spese processuali.
Deciso in Roma, nella camera di consiglio delle Sezioni.}}
Source
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