Data

Date:
12-11-2012
Country:
Italy
Number:
616/2011
Court:
Tribunale di Forlì
Parties:
Carel Electronic Suzhou co. Ltd v. SY.DE.CO. srl.

Keywords

UNIFORM INTERPRETATION AND APPLICATION OF CISG (ART. 7(1) CISG)- RELEVANCE OF INTERNATIONAL CASE LAW

SELLER'S OBLIGATIONS - TIME OF DELIVERY - PERIOD FIXED BY CONTRACT (ART. 33 CISG)

TIME OF DELIVERY - WITHIN A REASONABLE TIME AFTER CONTRACT CONCLUSION (ART.33, LIT. C) - RELEVANCE OF DOCUMENTS AND DECLARATIONS EXCHANGED BETWEEN PARTIES BEFORE CONTRACT CONCLUSION

DAMAGES IN CASE OF AVOIDANCE (TERMINATION) AND SUBSTITUTE TRANSACTION (ART. 75 CISG)

Abstract

A Chinese buyer bought industrial equipment from an Italian seller. The buyer paid the price in advance, but the seller failed to deliver the goods within the period contractually agreed upon. The buyer then sued the seller claiming for termination of contract, restitution of the purchase price plus damages.

After confirming its jurisdiction over the case, the Court addressed the issue regarding the applicable law. In so doing, the Court noted that the buyer, in its pleadings, had relied on Italian domestic law provisions, being Italian law the controlling law according to the relevant conflict-of-law rules. However, in the case at hand the requirements were satisfied for the application of CISG. In fact, both parties had their place of business in Contracting States (Art. 1(1)(a) CISG); and also the substantive requirements for the application of the Convention were met, i.e. that the contract was a contract for the sale of goods and the parties had not excluded, neither expressly nor impliedly, its application. Such requirements being satisfied, CISG had to be considered, by its nature, as taking precedence over uniform rules of private international law.

As to the merits, the Court found it proved that the buyer had failed to deliver the goods within the period agreed upon or, in any case, within a reasonable time after the conclusion of the contract. First of all, the seller had not contested the buyer’s argument that delivery had to be effected within two weeks from payment, as also evidenced by a document issued by the buyer before contract conclusion. Secondly, even considering that the parties had not reached an agreement on time of delivery, the result would not change. In fact, documents and declarations exchanged between the parties before contract conclusion, as the one issued by the buyer in the case at hand, must be used as an aid in interpreting the “reasonable time” within which delivery has to be effected according to Art. 33 CISG, all the more so when – as in the case at hand - the seller was aware, or could not be unaware, that time for delivery was of essence for the buyer.

The Court further held that, as a consequence of the seller’s failure to deliver the goods, the buyer was entitled to terminate the contract (Art. 25 CISG), and to recover damages according to Arts. 74 & 75 CISG.

For every single issue addressed by it, the Court relied on a number of decisions on CISG already rendered by foreign courts and arbitral tribunals.

Fulltext

(…)

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO

1. La società cinese Carel Electronic Suzhou Co. Ltd. (Carel in prosieguo) conveniva in giudizio Sydeco s.r.l. esponendo:

- d’aver acquistato dalla predetta una partita di merce (caricatori per macchine industriali) con contratto del 28.6.2010;

- che gli accordi fra le parti prevedevano la consegna della merce previo pagamento dell’intero corrispettivo ed entro il termine di due settimane dal pagamento;

- che in data 13.7.2010 essa aveva provveduto al pagamento;

- che la venditrice non aveva consegnata la merce nel termine indicato, sicchè essa aveva provveduto dapprima ad intimarle la consegna, quindi, con successive comunicazioni, a pretendere la risoluzione del contratto;

- che, infatti, i componenti acquistati erano destinati ad essere installati nei macchinari da lei utilizzati nell’ambito del proprio ciclo produttivo, sicché ogni ritardo, comportando un rallentamento della produzione d’impresa, le cagionava gravi danni;

- che a fronte del perdurante silenzio della venditrice, essa era stata costretta a reperire un nuovo fornitore sostenendo tuttavia, per l’acquisto dei medesimi componenti, un esborso di € 41.000,00 il 21.12.2010.

Ciò posto, l’attrice chiedeva che il Tribunale, previa declaratoria di risoluzione del contratto, condannasse Sydeco alla restituzione del prezzo d’acquisto ed al risarcimento del danno, comprensivo dei maggiori costi sostenuti per l’acquisto della merce, del pregiudizio derivatole dal rallentamento della produzione e dalle ulteriori spese affrontate per il funzionamento manuale delle macchine.

La convenuta rimaneva contumace.

2. Poiché la controversia ha ad oggetto un rapporto contrattuale che presenta elementi di internazionalità, il tribunale deve svolgere alcune considerazioni preliminari in ordine alla sussistenza della giurisdizione ed all’individuazione della legge applicabile.

2.1 Quanto alla giurisdizione, occorre dapprima determinare quali norme vanno richiamate.

La circostanza che l’attrice abbia la propria sede d’affari in Cina [non] vale [necessariamente] ad escludere il ricorso al Regolamento CE n. 44/2001 del Consiglio del 22 dicembre 2000, concernente la competenza giurisdizionale e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (cd. Regolamento Bruxelles I) per la verifica della giurisdizione.

Occorre invece determinare, sulla base della specifica norma del Regolamento pertinente al caso di specie (e prevalente rispetto alla disciplina dettata dalla legge n. 218/95), se la sua applicabilità richieda un legame con un ulteriore stato membro nel quale viga il Regolamento o meno.

Per quanto riguarda la norma del Regolamento applicabile nel caso concreto, questa deve essere individuata nell’art. 2, comma 1°, che sancisce il criterio di giurisdizione generale in virtù del quale “le persone domiciliate nel territorio di un determinato Stato membro sono convenute, a prescindere dalla loro nazionalità, davanti ai giudici di tale Stato membro.”

Alla luce non soltanto del dato letterale, ma anche della giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea in merito alla corrispondente norma della Convenzione di Bruxelles del 1968 relativa alla competenza giurisdizionale e alla esecuzione di decisioni in materia civile e commerciale, non è richiesto un legame con uno stato membro in cui sia in vigore il Regolamento ulteriore rispetto a quello della sede del convenuto perché l’art. 2, comma 1°, del Regolamento possa trovare applicazione.

(…)

Pertanto, alla luce di quanto ora affermato, il Tribunale non può che dichiarare la propria giurisdizione, avendo il convenuto Sydeco s.r.l. il proprio domicilio in Italia ai sensi dell’art. 60.

2.2 Affermata la giurisdizione, occorre ora affrontare la questione della legge applicabile, in merito alla quale l’attrice ha invocato in principalità le disposizioni del codice civile italiano, con ciò implicitamente ritenendo l’applicabilità di tale legge domestica sulla base del diritto internazionale.

Ritiene tuttavia il Tribunale che a tale approccio internazionalprivatistico debba esserne preferito uno diverso, che favorisca, in quanto possibile, l’applicazione di norme di diritto sostanziale; tali sono, nella specie, quelle poste dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui contratti di vendita internazionale di beni mobili del 1980, ratificata con legge 11 dicembre 1985, n. 765, ed entrata in vigore il 1° gennaio 1988 (di seguito: Convenzione di Vienna).

Su tale impostazione si attestano le corti di merito italiane (v. ad es. Trib.Pavia, 29 dicembre 1999, in Corr. Giur. 2000, 932 ss.; Trib. Vigevano, 12 luglio 2000, in Giur. it. 2001, 280 ss.; Trib. Padova, 25 febbraio 2004, in Giur. it. 2004, 1405 ss.; Trib. Padova, 31 marzo 2004, in Giur. merito 2004, 1065 ss.; Trib. Padova, 11 gennaio 2005, in Riv. dir. int. priv. e proc. 2005, 791 ss.) e sussistono già significativi e numerosi precedenti specifici nella giurisprudenza di questo Tribunale.

Detta impostazione si fonda su considerazioni inerenti alla natura stessa delle convenzioni di diritto materiale uniforme. Tali convenzioni, anzitutto, hanno un ambito di applicazione speciale, in quanto più limitato, rispetto a quello delle norme di diritto internazionale privato. La Convenzione di Vienna, in particolare, regola soltanto i contratti di vendita la cui
internazionalità dipende dalla diversa ubicazione statale della sede d’affari delle parti contraenti, mentre – com’è noto – le norme di diritto internazionale privato riguardano ogni tipo di contratto internazionale, senza limitazioni di sorta.

Ancora, e ciò appare ancora più importante, la specialità – e dunque la prevalenza – delle norme di diritto materiale uniforme si fonda sul rilievo della modalità attraverso le quali esse risolvono la questione sostanziale su cui verte una determinata controversa.

Le norme di diritto materiale sono infatti da considerarsi speciali perché risolvono direttamente tali questioni, evitando il doppio passaggio coessenziale all’applicazione del diritto internazionale privato, e consistente dapprima nell’individuazione della legge applicabile sulla base del criterio di collegamento concretamente applicabile e quindi nell’applicazione della

2.3 Posta tale premessa, occorre allora verificare se sussistono i presupposti per l’applicazione della Convenzione delle Nazioni Unite. Sotto il profilo obiettivo, occorre che il contratto sia un contratto di compravendita.

Come è stato rilevato dalla giurisprudenza italiana e straniera, di tale rapporto la Convenzione non fornisce alcuna definizione (v. Trib. Padova, 25 febbraio 2004, cit.; Kantonsgericht Schaffhausen, 25 febbraio 2002, su www.cisgonline.ch/cisg/urteile/723.htm; Cour d’Appel Colmar, 12 giugno 2001, su witz.jura.uni-sb.de/CISG/decisions/120601v.htm; altresì Tribunal Cantonal de Vaud, 11 marzo 1996, su www.unilex.info/case.cfm?pid=1&do=case&id=320&step=FullText; Oberster Gerichtshof, 10 novembre 1994, su www.cisg.at/2_54793.htm); occorre pertanto qualificare il rapporto materialmente dedotto in lite nel rispetto di un parametro normativo di riferimento.

In tal senso, il richiamo alle nozioni del diritto domestico, ed in specie alla definizione del contratto di vendita di cui all’art. 1470 c.c., non è appropriato (così anche Trib. Padova, 11 gennaio 2005, cit.; Trib. Padova, 25 febbraio 2004, cit.); il concetto di “compravendita” previsto dalla Convenzione deve piuttosto essere ricavato - come d’altronde la maggior
parte dei concetti rilevanti, tra cui quelli di “sede d’affari”, di “residenza abituale”, di “beni”- in modo autonomo, ossia senza ricorrere a categorie peculiari di un determinato ordinamento.

A tale proposito, assume specifico rilievo il disposto di cui agli artt. 30 e 53 della Convenzione (così anche Juzgado de primera instancia e instrucción no. 3 de Tudela, 29 marzo 2005, su www.uc3m.es/cisg/sespan45.htm;Tribunal Cantonal du Jura, 3 novembre 2004, su www.cisg-online.ch/cisg/urteile/965.pdf; Trib. Padova, 11 gennaio 2005, cit.; Trib. Padova, 25 febbraio 2004, cit.; Trib. Rimini, 26 novembre 2002, cit.;Tribunal Cantonal de Vaud, 11 aprile 2002, su www.cisg-online.ch/cisg/urteile/899.pdf; Kantonsgericht Schaffhausen, 25 febbraio 2002, su www.cisg-online.ch/cisg/urteile/723.htm ), dal quale si evince che è contratto di compravendita quello in forza del quale il venditore è
obbligato a consegnare i beni, trasferirne la proprietà ed eventualmente rilasciare tutti i documenti relativi ad essi, mentre il compratore è obbligato a pagare il prezzo ed a prendere in consegna i beni (v. anche Cour d’Appel de Colmar, 12 giugno 2001, su witz.jura.uni-sb.de/CISG/decisions/120601v.htm; Cour d’Appel de Paris, 12 ottobre 2000, su witz.jura.uni-sb.de/CISG/decisions/121000v.htm; Audiencia Provincial de
Navarra, 27 marzo 2000, su www.uc3m.es/cisg/sespan11.htm; Tribunal Cantonal de Vaud, 11 marzo 1996, cit.).

In tal senso, non v’è dubbio che il rapporto dedotto in giudizio corrisponda a tale paradigma; sotto tale profilo, pertanto, la Convenzione è applicabile.

2.4 Sempre da un punto di vista oggettivo, occorre poi che l’oggetto del
contratto sia mobile e tangibile (per questo requisito, v. KG Zug, 21 ottobre 1999, su www.unilex.info; OLG Köln, 21 maggio 1996, su www.unilex.info; OLG Köln, 26 agosto 1994, su www.unilex.info); non rilevano, al riguardo, la forma che l’oggetto assume (per cui possono essere soggette alla Convenzione di Vienna anche le compravendite di gas - v.
Oberster Gerichtshof, 6 febbraio 1996, su cisgw3.law.pace.edu/cases/960206a3.html) od il fatto che si tratti di bene nuovo od usato, animato od inanimato (OLG Köln, 21 maggio 1996, cit.; LG Köln, 16 novembre 1995, su www.cisg-online.ch/cisg/urteile/265.htm, V. LG
Flensburg, 19 gennaio 2001, su www.cisg-online.ch/cisg/urteile/619.htm; Cour d’Appel Paris, 14 gennaio 1998, su www.unilex.info; Hof Arnhem, 22 agosto 1995, su www.unilex.info).

Nel caso di specie, trattandosi di componenti per macchinari industriali, sussiste anche il requisito in parola.

2.5 Occorre poi che il contratto sia internazionale; e del carattere di internazionalità del contratto la stessa Convenzione, come la maggior parte delle convenzioni di diritto materiale uniforme, fornisce una precisa definizione.

È infatti necessario, a tale proposito, che al momento della conclusione del contratto le parti contraenti abbiano la loro sede d’affari - ossia il luogo dal quale viene svolta un’attività commerciale caratterizzata da certa durata e stabilità nonché da autonomia - in Stati diversi (per questa definizione vedi la giur. cit. e OLG Stuttgart, 28 febbraio 2000, in Internationales Handelsrecht 2000, 66).

Con riferimento al contratto dedotto in giudizio, risulta evidente che questo requisito di internazionalità sussiste, avendo le parti la rispettiva sede d’affari in Cina ed in Italia.

Inoltre, si osserva che tale internazionalità era ben conosciuta dalle parti al momento della conclusione del contratto, per cui essa non può considerarsi irrilevante ai sensi dell’art. 1, comma 2°, della Convenzione.

L’internazionalità del contratto non è tuttavia sufficiente a rendere applicabile la Convenzione (v. Trib. Padova, 25 febbraio 2004, cit.). Occorre infatti un ulteriore elemento, e cioè che i paesi nei quali le parti hanno la loro sede d’affari siano Stati contraenti della Convenzione al momento della conclusione del contratto (art. 1, 1° comma, lett. a), oppure
che le norme di diritto internazionale privato del foro rinviino al diritto di uno Stato contraente (art. 1, 1° comma, lett. b).

Nel caso di specie è utile evidenziare che la Convenzione è entrata in vigore in entrambi gli stati interessati ben prima della conclusione del contratto. Essa deve pertanto considerarsi applicabile in virtù dell’art. 1, comma 1°, lett. a), a nulla rilevando il fatto che la Cina ha dichiarato una riserva ai sensi dell’art. 95 della Convenzione. Infatti, a differenza, ad esempio, di altre riserve – in particolare quelle previste dagli artt. 92 e 93- la riserva di
cui all’art. 95 non ha alcun impatto sulla natura di Stato contraente.

2.6 Si aggiunga infine che non risulta che le parti abbiano fatto ricorso alla possibilità di escludere l’applicazione della Convenzione, ancorché

detta facoltà fosse loro spettante - ed esercitabile anche in forma tacita (come spesso affermato dalla citata giurisprudenza italiana e da quella straniera (si vedano, ad esempio, Oberster Gerichtshof, 2 aprile 2009, su http://cisgw3.law.pace.edu/cases/090402a3.html; Oberlandesgericht Hamm, 2 aprile 2009, su http://www.globalsaleslaw.com/content/api/cisg/urteile/1978.pdf; Obergericht des Kantons Aargau, 3 marzo 2009,su http://globalsaleslaw.com/content/api/cisg/urteile/2013.pdf; Cour de Cassation, 25 ottobre 2005, su witz.jura.uni-sb.de/CISG/decisions/251005v.htm; Oberster Gerichtshof, 22 ottobre 2001, su www.cisg.at/1_7701g.htm; Cour de Cassation, 26 giugno 2001, su
witz.jura.uni-sb.de/CISG/decisions/2606012v.htm; OLG München, 9 luglio 1997, su www.cisg-online.ch/cisg/urteile/282.htm; LG München, 29 maggio 1995, su www.cisg-online.ch/cisg/urteile/235.htm; OLG Celle, 24 maggio 1995, su www.cisg-online.ch/cisg/urteile/152.htm).

In considerazione di quanto sopra affermato, si deve concludere per l’applicabilità della Convenzione delle Nazioni Unite.

3. Passando al merito della domanda, si osserva che l’attrice chiede in principalità che sia dichiarata la risoluzione del contratto per inadempimento della venditrice convenuta, consistito nella mancata consegna della merce nel termine pattuito.

L’obbligo di consegna del venditore è regolato, in relazione ai suoi profili temporali, dall’art. 33 della Convenzione, a mente del quale il venditore deve consegnare le merci (a) se una data è fissata per contratto o determinabile con riferimento al contratto, in tale data; (b) se un periodo di tempo è fissato per contratto o è determinabile, con riferimento ad esso, in un qualsiasi momento durante detto periodo, a meno che non risulti dalle
circostanze che spetta all’acquirente scegliere una data; (c) in tutti gli altri casi, in un termine ragionevole a partire dalla conclusione del contratto.

L’assunto di parte attrice in base al quale la consegna della merce andava effettuata entro due settimane dal pagamento del prezzo - e dunque entro il 27.7.2010, poiché dal doc. 4 attoreo si evince che il pagamento fu effettuato il 13.7 precedente - non è stato significativamente smentito dalla convenuta, che ha scelto di non partecipare al giudizio; esso risulta inoltre da un documento proveniente dalla stessa, ovvero il preventivo effettuato dopo la ricezione dell’ordine da parte di Carel (doc. 1 attoreo), ove è espressamente indicato “consegna: due settimane dal pagamento”.

Peraltro, anche reputando tale indicazione come elemento estraneo allo specifico contenuto del contratto - trattandosi di indicazione resa nel contesto di un atto anteriore alla sua conclusione – si giungerebbe ad analoghe conclusioni.

È stato infatti osservato in giurisprudenza che le indicazioni rese dalle parti nella fase di proposta ed offerta, quantunque non diventino veri e propri termini del contratto, debbono comunque essere opportunamente considerate al fine di determinare quale sia il “termine ragionevole” di cui all’art. 33 lett. c (cfr. ad es. Rechtbank van Koophandel, Kortrijk,
3.10.2001, su www.unilex.info); e ciò soprattutto quando si accerti che sia nota o conoscibile al venditore la fondamentale importanza per il compratore del rispetto del termine indicato nella fase delle trattative (cfr. Oberlandesgericht Naumburg, 27 aprile 1999, su www.unilex.info).

Nel caso di specie, il termine indicato dalle parti era riconducibile alla necessità del compratore di installare con urgenza i caricatori nelle proprie macchine industriali, interessate da un ciclo produttivo già in atto; di tanto, come si dirà in prosieguo, era certamente informata la venditrice, e ciò sia perché la merce compravenduta non era utilizzabile se non installata in tali macchinari, sia perché sono state prodotte in atti comunicazioni fra le parti nelle quali l’acquirente richiama tali impegni e la venditrice non li contesta, ed anzi le riscontra informandola di “aspettare con ansia” l’acquisizione di
alcuni pezzi necessari da parte di un proprio fornitore (v. messaggi email del 2-6.8.2010, doc. 5 attoreo).

Peraltro, e per completezza, risulta che i beni non erano stati consegnati neppure dopo il decorso di un termine doppio di quello indicato nelle trattative (si veda la corrispondenza fra le parti datata 19.8.2010).

3.1 Circa l’idoneità di tale inadempimento a permettere alla parte lesa, nel caso concreto il compratore, di risolvere il contratto, occorre qui richiamare, per i profili che rilevano, le disposizioni della Convenzione che regolano tale rimedio nell’interesse del compratore.

Questi, in particolare, può ritenere il contratto risolto se l’inadempimento da parte del venditore costituisce un inadempimento essenziale del contratto (art. 49 lett. a), quest’ultimo inteso come un inadempimento che causa all’altra parte un pregiudizio tale da privarla sostanzialmente di ciò che questa era in diritto di attendersi dal contratto (art. 25).
Da tanto si evince che l’art. 25 non determina quando sia rilevante un inadempimento essenziale: tale norma, in altre parole, rappresenta soltanto il criterio per la delimitazione tra inadempimento essenziale e semplice; gli effetti, invece, devono essere desunti da altre disposizioni della Convenzione (tra cui l’art. 49 già richiamato) o dal contratto (vedi Oberster Gerichtshof, 21 giugno 2005, su http://www.globalsaleslaw.org/content/api/cisg
/urteile /1047.pdf), ragione per cui una parte della dottrina ha giustamente rilevato che l’art. 25 non può trovare applicazione in maniera isolata, ma soltanto in connessione con altre norme che presuppongono l’inadempimento essenziale.

La delimitazione di conseguenze giuridiche particolarmente gravi (quali la risoluzione del contratto qui richiesta) ai casi in cui l’inadempimento è essenziale è volta:
- da un lato a garantire l’esecuzione del contratto quando l’inadempimento non è essenziale (v. Corte Federale svizzera, 28 ottobre 1998, su http://www.cisg-online.ch/cisg/urteile/413.htm), e, di conseguenza, di evitare elevati costi, come, ad esempio, quelli per la rispedizione delle merci al venditore e la conservazione delle stesse, che una risoluzione del contratto comporta;
- dall’altro, a restringere il novero delle ipotesi nelle quali la parte lesa può
approfittare di un inadempimento della controparte, ad esempio per rinegoziare una disposizione economica fissata al momento della conclusione del contratto, o per allocare sulla controparte il rischio del mutamento delle condizioni di mercato.

Il comportamento del venditore che ometta di consegnare i beni entro il termine previsto costituisce, ad avviso della giurisprudenza italiana e straniera formatasi sul punto, un’inosservanza essenziale agli effetti di cui all’art. 25 della Convenzione, poiché esclude a priori che il compratore abbia potuto trarre una qualche utilità dal contratto (Rechtbank van
Koophandel, Kortrijk, 4 giugno 2004; Cour d’Appel de Grenoble, 21 ottobre 1999; Audiencia Provincial de Barcelona 12 febbraio 2002; Oberlandesgericht Celle, 24 maggio 1995; Trib. Padova, 11.1.2005, tutti su www.unilex.info).

A tale proposito, peraltro, la giurisprudenza nazionale (v. sent. ult. cit.) ha osservato che vi è corrispondenza di significati tra l’inadempimento “essenziale” di cui all’art. 25 e l’inadempimento di “non scarsa importanza” che, ai sensi dell’art. 1455 c.c., consente la risoluzione dei contratti corrispettivi, essendo entrambe le disposizioni espressione di un’esigenza di proporzionalità tra la rilevanza dell’inadempimento ed i rimedi concessi alla
parte non inadempiente: la risoluzione del contratto, comportandone l’eliminazione e la rimozione degli effetti prodotti, è l’estremo rimedio, a cui si può ricorrere solo nei casi di grave inadempimento, quando ormai l’utilità connessa al contratto è, per la parte che subisce l’inadempimento,

3.2 Ciò posto, si osserva anzitutto che nel caso di specie non si può parlare di mancata consegna nel termine previsto in contratto, ma di vera e propria omessa consegna in assoluto, atteso che l’attrice non risulta aver mai ricevuto la merce; quest’ultimo rilievo, escludendo in radice la possibilità di un’esecuzione della prestazione, consente di esprimere un giudizio definitivo circa l’essenzialità della prestazione inadempiuta (in questo senso v. anche Trib. Padova, 11 gennaio 2005, cit.; LG Freiburg, 22 agosto 2002,
su http://www.cisg-online.ch/cisg/urteile/711.htm; OLG Düsseldorf, 18 novembre 1993, su http://www.cisg-online.ch/cisg/urteile/92.htm; Pretura di Parma-Fidenza, 24 novembre 1989, su www.unilex.info).

In ogni caso, alla data di comunicazione al venditore del proprio intento di ritenere risolto il contratto (9.12.2010, doc. 10), era già maturato un ritardo di oltre quattro mesi, ritardo sul quale, in considerazione della destinazione dei beni al ciclo produttivo dell’impresa acquirente, non era ragionevole pretendere ulteriori indugi della parte non inadempiente; ciò, peraltro, avuto anche riguardo al fatto che il sostanziale silenzio di Sydeco ai precedenti solleciti non forniva certo elementi di supporto alla possibile speranza di un
adempimento tardivo.

La domanda di risoluzione va pertanto accolta.

4. Circa l’ulteriore domanda risarcitoria formulata dall’attrice, conviene premettere che alla pronuncia risolutoria consegue anzitutto il diritto della parte non inadempiente ad ottenere il risarcimento del danno, consistente in una somma uguale alla perdita ed al mancato guadagno subiti in conseguenza dell’inadempimento (art. 74 della Convenzione).
Tale somma non può essere superiore alla perdita che il contraente inadempiente aveva previsto o avrebbe dovuto prevedere al momento della conclusione del contratto, avuto riguardo ai fatti e alle circostanze che egli allora conosceva o avrebbe dovuto conoscere come possibile conseguenza dell’inadempimento.

Inoltre, in forza di quanto previsto dall’art. 75, nel caso di risoluzione per inadempimento del venditore l’acquirente può procedere - in maniera ragionevole ed entro un termine ragionevole dopo la risoluzione - ad un acquisto in sostituzione, ottenendo così, oltre al danno già ricordato, anche la differenza fra il prezzo previsto in contratto e l’esborso sostenuto per l’acquisto in sostituzione.

Infine, e sempre nell’ottica dell’individuazione della misura del danno riconoscibile, l’art. 77 fa onere alla parte non inadempiente di prendere le misure ragionevoli in relazione alle circostanze per limitare il danno risultante dall’inadempimento, incluso il mancato guadagno.

4.1 Dal disposto di cui all’art. 74 è dato trarre il concetto di prevedibilità del danno.
Tale concetto costituisce- come la maggiore parte dei concetti enucleati nel testo della Convenzione- un concetto “autonomo”, da interpretare come tale, e non alla luce della legge nazionale.

Dal punto di vista metodologico non si può pertanto condividere la posizione recentemente assunta da una corte statunitense (cfr. TeeVee Tunes, Inc. et al v. Gerhard Schubert GmbH, U.S. District Court, Southern District of New York, 12 agosto 2006, su http://cisgw3.law.pace.edu/cases/060823u1.html) che “il requisito della
prevedibilità previsto dalla CISG [. . .] è identico alla ben nota regola di Hadley v. Baxendale, 156 Eng. Rep. 145 (Ct. Exch. 1854), così che le interpretazioni di tale regola possano guidare il ragionamento della Corte in merito ai danni risarcibili”.

Tale impostazione deriva da una lettura pregiudiziale e conseguentemente riduttiva della Convenzione, che, interpretata ed applicata come legge domestica e non come corpo normativo internazionale a dispetto del suo carattere di uniformità, viene così snaturata nel suo aspetto più essenziale.

Il Tribunale ritiene dunque di non condividere tale visione identitaria tra la prevedibilità di cui all’art. 74 e la nota regola di Hadley v. Baxendale.

In primo luogo, la formulazione letterale delle due previsioni di limitazione del danno ne evidenzia il diverso contenuto: in base all’art. 74 della Convenzione, infatti, la prevedibilità del danno deve essere giudicata dal punto di vista della parte inadempiente, e solo di essa, mentre in Common law la limitazione del danno risarcibile si determina in base a ciò che è nella “ragionevole previsione delle parti’’.

Inoltre, mentre l’art. 74 CISG si riferisce alla “prevedibilità” dei danni, la regola originaria di Hadley v. Baxendale richiede la loro “contemplation”, con una significativa diversità semantica che incide sull’area del danno risarcibile, ampliata dall’art. 74 della Convenzione rispetto alle limitazioni della seconda regola.

Invero, l’art. 74 CISG limita il risarcimento del danno a quei danni che la parte inadempiente ‘conosceva o avrebbe dovuto conoscere come possibile conseguenza dell’inadempimento’, mentre l’originaria regola di Hadley v. Baxendale limita il risarcimento dei profitti perduti a quelli che erano ‘previsti [nel senso di contemplated] da entrambe le parti, al tempo della
conclusione del contratto, come probabile risultato dell’inadempimento’.

4.2 Sempre in ordine alla prevedibilità del danno, si deve poi osservare che la previsione dell’art. 74 appare obiettivamente volta ad indicare le modalità di calcolo del risarcimento, ovvero il quantum debeatur.

Circa, infatti, la risarcibilità del danno è stato affermato dalla giurisprudenza nazionale e straniera (v. Trib. Padova, 25 febbraio 2004, su http://cisgw3.law.pace.edu/cases/040225i3.html; Trib. Rimini, 26 novembre 2002, su http://cisgw3.law.pace.edu/cisg/wais/db/cases2/021126i3.html; Oberster Gerichtshof, 14 gennaio 2002, su http://cisgw3.law.pace.edu/cases/020114a3.html; Oberster Gerichtshof, 9 marzo 2000, su http://cisgw3.law.pace.edu/cases/000309a3.html) che uno dei principi
generali su cui si basa l’intera Convenzione è quello del risarcimentointegrale del danno, nel limite del danno prevedibile, finalizzato a porre la parte non inadempiente nella stessa posizione in cui si sarebbe trovata se l’altro contraente avesse correttamente adempiuta la propria obbligazione (v. Oberster Gerichtshof, 14 gennaio 2002, cit.; Oberster Gerichtshof, 6 febbraio 1996, su http://cisgw3.law.pace.edu/cases/960206a3.html).

Lo scopo della norma in parola è appunto quello di mitigare l’integralità del risarcimento; quest’ultima, infatti, ove applicata secondo un’accezione omnicomprensiva (fino al riconoscimento, cioè, di tutti gli interessi legati all’aspettativa e all’affidamento) fungerebbe da disincentivo all’assunzione di obblighi contrattuali, ovvero ne comporterebbe un notevole aggravio dei costi.

L’elaborazione giurisprudenziale consente di ricavare ulteriori indicazioni in ordine alla prevedibilità del danno. Invero, tale requisito va riferito ai danni che possono essere una
conseguenza possibile di un inadempimento contrattuale (v. Oberster Gerichtshof, 14 gennaio 2002, cit.); non si tratta, pertanto, di verificare se l’inadempimento fosse prevedibile o di accertarne la colpa effettiva, occorrendo invece prendere in considerazione i danni che al tempo della conclusione del contratto erano una conseguenza ipotizzabile di un possibile inadempimento dell’obbligazione.

Il corollario di tale impostazione è che l’obbligato prenda in considerazione “le conseguenze che una persona ragionevole nelle medesime circostanze (Art. 8(2) CISG) avrebbe previsto considerando le circostanze particolari del caso. Se egli lo abbia effettivamente previsto, non riveste alcun significato, come non lo riveste il fatto che vi sia stata colpa” (v. giur. ult. cit.)

In relazione al danno da inadempimento del venditore, pertanto, è stata affermata la risarcibilità del pregiudizio derivante dalla perdita di profitti che il compratore ove il venditore avesse dovuto tenere in conto la vendita successiva, circostanza da presumersi nel caso di vendita di beni commerciali ad un commerciante (v. Oberster Gerichtshof, 6 febbraio 1996,
su http://cisgw3.law.pace.edu/cases/960206a3.html; OLG Graz, 24 gennaio 2002, su http://cisgw3.law.pace.edu/cases/020124a3.html; OLG Köln, 21 maggio 1996, su http://cisgw3.law.pace.edu/cases/960521g1.html.

Ancora, è stato consentito il rimborso delle spese sostenute per la spedizione di merce alternativa (v. Internationales Schiedsgericht der Bundeskammer der gewerblichen Wirtschaft, Lodo Arbitrale SCH-4366, su http://cisgw3.law.pace.edu/cases/940615a3.html) o per l’accertamento del danno e la sua prevenzione o riduzione (Bundesgerichtshof, 25 giugno
1997, su http://cisgw3.law.pace.edu/cases/970625g2.html), od ancora derivanti dalla mancata effettuazione di un controllo (OLG München, 28 gennaio 1998, su http://cisgw3.law.pace.edu/cases/980128g1.html).

In forza della stessa considerazione, sono stati riconosciuti anche i danni conseguenti, ovvero quelli sofferti dai clienti della parte non inadempiente (v. ad es. Bundesgerichtshof, 25 novembre 1998, su http://cisgw3.law.pace.edu/cases/981125g1.html) o verificatisi per l’impatto dell’inadempimento con circostanze esteriori quale l’andamento del mercato; con l’unico limite della valutazione soggettiva del rischio, nel senso della non risarcibilità dei danni inusuali od insolitamente onerosi che la parte sa che potrebbero scaturire da una violazione del contratto (v. Oberster Gerichtshof, 14 gennaio 2002, cit.).

4.3 Nel caso di specie, l’attrice ha chiesto il risarcimento dei seguenti danni:
a) la differenza fra il prezzo pagato ed il maggior costo sostenuto per acquistare i medesimi componenti da un diverso fornitore;
b) i costi d’impresa sostenuti per proseguire il ciclo produttivo durante il tempo intercorso fra il termine di consegna previsto in contratto e quello di installazione dei componenti sostitutivi.

Entrambe le voci di danno appaiono risarcibili con riferimento ai criteri indicati.

Quanto al danno sub (a), esso appare anzitutto conforme alla previsione di cui all’art. 75 della Convenzione; si tratta, in ogni caso, di danno prevedibile secondo l’accezione già descritta, essendo emerso con chiarezza dalla documentazione contrattuale (doc. 1) che l’acquirente fissò un termine di consegna, acconsentendo al pagamento anticipato del corrispettivo per intero, proprio al fine di utilizzare prontamente la merce nel proprio ciclo produttivo in atto, ed evincendosi altresì dalla corrispondenza successiva all’inadempimento (v. doc. 5) che quando tale circostanza fu rammentata al venditore questi si limitò a rilevare che “stava attendendo con ansia” l’arrivo di alcuni pezzi dal proprio fornitore.

Le stesse considerazioni valgono con riferimento al danno sub (b), poiché i maggiori esborsi connessi al mantenimento del ciclo produttivo pur in assenza della merce compravenduta appaiono essere conseguenze obiettivamente ipotizzabili della mancata consegna, avuto specifico riguardo all’intrinseca natura della merce che era insuscettibile di impiego
economico al di fuori dell’inserimento nelle macchine utilizzate dall’attrice per la propria produzione aziendale.

Di più, il fatto che l’attrice abbia supplito alla mancata consegna attingendo alle proprie risorse interne, ovvero impiegando propri addetti per la movimentazione manuale delle macchine, anziché riversare i costi del blocco dell’impianto sui clienti finali - vale a dire risarcendo a ciascuno degli stessi il danno per il proprio inadempimento, consistente nella
mancata consegna dei suoi prodotti- vale a far ritenere integrato il requisito di cui all’art. 77 Convenzione, presentando i caratteri di una misura obiettivamente volta a limitare la portata del danno.

4.4 I danni lamentati sono stati tutti provati.

Quanto al maggior esborso, infatti, l’attrice ha prodotto la certificazione del pagamento effettuato al diverso fornitore (doc. 9); e quanto ai costi sostenuti per il prosieguo del ciclo, il teste Luigi Sacchetto ha confermato che per le undici settimane durante le quali non fu possibile caricare le macchine in dipendenza della mancata consegna furono destinati due
addetti che provvedevano alla carica manuale delle macchine (quattro caricamenti manuali alla settimana per ciascuna delle due macchine, della durata di due ore l’uno), ai costi rapportati al parametro ora/uomo indicati in atto introduttivo.

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Source

English translation:
- Internationales Handelsrecht (IHR), n.5/2013, pp. 197-202.}}