Data

Date:
11-12-2008
Country:
Italy
Number:
2280/2007
Court:
Tribunale di Forlì
Parties:
Mitias d.o.o. v. Solidea s.r.l

Keywords

UNIFORM INTERPRETATION AND APPLICATION OF CISG (ART. 7(1) CISG)- RELEVANCE OF INTERNATIONAL CASE LAW

SCOPE OF CISG - DEFINITION OF "SALE" (ARTS. 30 AND 53 CISG)

LACK OF CONFORMITY OF GOODS - GOODS NOT FIT FOR ORDINARY USE (ART. 35(2)(A) CISG)

NOTICE OF LACK OF CONFORMITY - TIMELY NOTICE (ART. 39 CISG)

FUNDAMENTAL BREACH (ART. 25 CISG) - LACK OF CONFORMITY - DEFECTS AMOUNTING TO FUNDAMENTAL BREACH IF VALUE OF NON-DEFECTIVE GOODS LESS THAN 10% OF TOTAL VALUE OF GOODS DELIVERED

RIGHT TO INTEREST IN CASE OF REFUND OF PRICE PAID (ART. 84 CISG) - INTEREST RATE DETERMINED BY LAW OTHERWISE APPLICABLE TO CONTRACT

Abstract

In October 2006, a Slovenian buyer purchased several different models of shoes from an Italian seller, paying in full the agreed price of Euros 7,030.80 plus transportation costs. Upon acceptance of delivery and proper inspection, the buyer discovered substantial defects in most of the delivered items and concluded that the goods were non-merchantable. Immediate notice of the defects and request for replacement of the defective goods was given to the seller, which in response declared itself willing to substitute the goods concerned with different items belonging to previous collections. The buyer agreed to have the goods replaced only partially and asked for a proportional restitution of the price. The seller refused, and the buyer brought an action against it.

In its judgment the Court relied for each issue on a number of decisions on CISG that had already been rendered by foreign courts and arbitral tribunals, in order to promote uniformity in the interpretation and application of the Convention (Art. 7(1) CISG).

The Court first of all found that CIGS was applicable to the case at hand. After recalling that the direct application of uniform law prevails over recourse to private international law, the Court found that the requirements for the application of CISG were satisfied. In fact, the parties had definitively concluded a sales contract, whose notion – thought not expressly defined by CISG - must be determined autonomously, without referring to national law. Therefore, making reference to Arts. 30 and 53 CISG, which are concerned with the obligations of the parties under a contract governed by the Convention, the Court considered that the substantive requirements for the application of CISG were met, i.e. that the contract was a sales contract of an international character. Moreover, the parties had their places of business in two different countries both parties to the Convention at the time the contract was concluded. Hence, given that the parties had not opted out of CISG either expressly or impliedly, the Convention was the substantive law applicable to the dispute in accordance with its Art. 1(1)(a).

As to the merits, the Court found that the seller had delivered non-conforming goods under Art. 35(2)(a) CISG. This article provides indeed that the goods must be fit for all the purposes for which goods of the same type would ordinarily be used. Accordingly, as the Court noted, in contracts between professionals it is reasonable to infer that a purchaser of shoes would expect the items acquired to be merchantable for resale. In the case at hand, the seller was aware that the shoes would be delivered to the buyer in Slovenia for the purpose of being subsequently put into the local market for retail. As a result, since - as the seller had acknowledged - the goods were not suitable for the resale, the seller had to be considered liable vis-à-vis the buyer.

The Court also stated that the buyer had not lost its right to rely on the lack of conformity, since it had examined the goods and gave notice of the defects to the seller within a reasonable time in accordance with Arts. 38 and 39, respectively.

Conclusively, the Court found that, since the value of the non-defective goods amounted to less than 10% of the total economic value of the goods delivered, the seller’s breach of contract was fundamental in accordance with Art. 25 CISG. As a result, the Court declared the contract avoided (terminated), and ordered the seller to pay to the buyer the amount of Euro 6,779.00, plus storage costs and interest pursuant to art. 84 CISG, calculated on the basis of the Italian legal interest rate.

Fulltext

[…]

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La società di diritto sloveno Mitias d.o.o. conveniva in giudizio Solidea
s.r.l. esponendo:
- di aver acquistato dalla predetta diversi modelli di calzature versando integralmente il corrispettivo pattuito, pari ad € 7.030,80 oltre alle spese di trasporto;
- che dopo la presa in consegna della merce, avvenuta il 26.10.2006, essa aveva rinvenuto nella maggior parte dei capi acquistati vizi e difetti che li rendevano inidonei alla rivendita presso terzi;
- di aver denunziato tali vizi all’alienante con messaggio di posta elettronica del 2.11.2006, invitando la predetta ad intervenire mediante proprio personale per il controllo della merce difettosa ed a sostituire i capi fallati;
- che a tale denunzia, reiterata con messaggi del 13 e del 17.11, aveva finalmente dato riscontro Solidea con propria nota del 20.11.2006, laddove, riconosciuta la propria responsabilità, essa si rendeva disponibile a sostituire i capi fallati con altri articoli della collezione da lei prodotta;
- che a tanto essa aveva replicato dichiarandosi disponibile alla sostituzione di alcuni modelli con quelli propostile dalla venditrice (per un controvalore in denaro di € 846,00) e pretendendo la restituzione del corrispettivo per il residuo;
- che a detta proposta Solidea aveva tuttavia opposto il proprio rifiuto ad effettuare resi in denaro, limitando la propria disponibilità alla sostituzione della merce.
Ciò posto in fatto, l’attrice manifestava in diritto il proprio intento di ottenere la restituzione del corrispettivo versato per la merce difettosa, ovvero detraendo da quanto corrisposto alla venditrice il controvalore dei capi fallati, ed instava per la condanna di Solidea al pagamento di tale importo - pari ad € 6.779,00 al netto delle spese di deposito per € 125,00 al mese – ed agli accessori.
Solidea s.r.l. rimaneva contumace.
Esauriti gli incombenti di prima udienza, il giudice riteneva la causa sufficientemente istruita sulla base della documentazione versata in atti e riservava la decisione a seguito di trattazione mista ai sensi dell’art. 281 quinquies c.p.c.

MOTIVI DELLA DECISIONE

La domanda è fondata e merita accoglimento.
1. Va preliminarmente osservato che sussistenza la competenza a giudicare da parte di questo Tribunale, in virtù di quanto disposto dal Regolamento (CE) n. 44/2001 concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, applicabile nel caso concreto sussistendone le condizioni temporali e materiali.
1.1 Da un punto di vista temporale, infatti, il Regolamento è applicabile essendo l’azione stata proposta successivamente alla sua entrata in vigore (cfr. art. 66), ossia successivamente al 1° marzo 2002.
1.2 Dal punto di vista materiale, poi, è noto che la controversia deve vertere su una questione “civile e commerciale” (art. 1, 1° comma, del Regolamento). Il Regolamento, per vero, non precisa quando tale fattispecie possa ritenersi; ciò non deve però indurre ad “interpretare i termini di tale disposizione come un semplice rinvio al diritto interno dell’uno o dell’altro degli Stati in questione” (Corte di Giustizia, sentenza 14 novembre 2002, causa 271/00, Gemeente Steenbergen, punto 28), occorrendo piuttosto interpretare il concetto in modo “autonomo”, come affermato dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia in relazione alla Convenzione di Bruxelles (v. sentenza 15 maggio 2003, 266/01, Préservatrice foncière TIARD SA, punto 20; sentenza 21 aprile 1993, causa 172/91, Volker Sonntag, punto 18; sentenza 16 dicembre 1980, causa 814/79, Niederlande, punto 7; sentenza 22 febbraio 1979, C-133/78, Henri Gourdain, punto 3).
Tale ultima giurisprudenza in termini può essere senz’altro richiamata anche allo scopo di “garantire la continuità tra la Convenzione di Bruxelles e il presente Regolamento”, cui fa riferimento il “considerando” n. 19 (sul punto, v. Trib. Padova, 10 gennaio 2006, in Giur. merito 2006, 91 ss.).
Ciò posto, nel caso in esame non sussistono dubbi circa il fatto che la disputa rientri nell’ambito della “materia civile e commerciale”, trattandosi di controversia relativa ad un contratto di compravendita.
Peraltro, non trattandosi di una delle materie che l’art. 1, 2° comma, del Regolamento esclude dal suo ambito di applicazione, anche sotto tale profilo può il Regolamento risulta applicabile dal punto di vista materiale.
1.3 Dall’applicabilità consegue la necessità per questo Tribunale di verificare ex officio (v. Voorzieningenrechter Rechtbank s’Gravenhage, in Nederlands Internationaal Privaatrecht 2005, 232) - in virtù dell’art. 26 - la propria competenza, laddove, come nel caso di specie, la parte convenuta domiciliata nel territorio di uno Stato membro è citata davanti ad un giudice di un altro Stato membro e non compare.
Nel caso di specie, al quesito va data senz’altro risposta affermativa in virtù del criterio fondamentale di competenza del domicilio del convenuto, espressione del brocardo actor sequitur forum rei (Corte di Giustizia, 13 luglio 2000, causa 412/98, Group Josi Reinsurance Company SA, punto 35), previsto dall’art. 2 del Regolamento allo scopo di “consent[ire] al convenuto di difendersi, in linea di massima, più agevolmente” (cfr. ibid.; v. anche Corte di Giustizia, 17 giugno 1992, causa C-26/91, Handte, Racc. pag. I-3967, punto 14), essendo il convenuto domiciliato nel territorio italiano ai sensi dell’art. 60 del Regolamento.
2. Ritenuta la competenza di questo Tribunale, si osserva poi che il carattere del rapporto impone alcune ulteriori considerazioni in ordine alla legge sostanziale applicabile.
Il rapporto oggetto di lite ha infatti indubbio carattere internazionale, essendo la parte attrice una società di diritto sloveno e quella convenuta una società di diritto italiano.
Al riguardo, l’attrice ha svolto in diritto nutriti richiami al diritto italiano, evocandolo - così deve ritenersi, pur in assenza di specifiche argomentazioni al riguardo - quale legge applicabile sulla base delle norme di diritto internazionale privato.
Ritiene tuttavia il Tribunale che all’approccio internazionalprivatistico debba esserne preferito uno diverso, che favorisca, in quanto possibile, l’applicazione di norme di diritto sostanziale; tali sono, nella specie, quelle poste dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui contratti di vendita internazionale di beni mobili del 1980, ratificata con legge 11 dicembre 1985, n. 765, ed entrata in vigore il 1° gennaio 1988.
Questa impostazione, su cui peraltro si attesta la prevalente giurisprudenza italiana (v. Trib. Pavia, 29 dicembre 1999, in Corr. Giur. 2000, 932 ss.; Trib. Vigevano, 12 luglio 2000, in Giur. it. 2001, 280 ss.; Trib. Padova, 25 febbraio 2004, in Giur. it. 2004, 1405 ss.; Trib. Padova, 31 marzo 2004, in Giur. merito 2004, 1065 ss.; Trib. Padova, 11 gennaio 2005, in Riv. dir. int. priv. e proc. 2005, 791 ss.), trae fondamento da considerazioni inerenti la natura stessa delle convenzioni di diritto materiale uniforme.
2.1 Tali Convenzioni, anzitutto, hanno un ambito di applicazione speciale, in quanto più limitato, rispetto a quello delle norme di diritto internazionale privato.
La Convenzione delle Nazioni Unite, in particolare, regola soltanto i contratti di vendita la cui internazionalità dipende dalla diversa ubicazione statale della sede d’affari delle parti contraenti, mentre – com’è noto – le norme di diritto internazionale privato riguardano ogni tipo di contratto internazionale, senza limitazioni di sorta.
Ancora, e ciò appare ancora più importante, la specialità – e dunque la prevalenza – delle norme di diritto materiale uniforme si fonda sul rilievo della modalità attraverso le quali esser risolvono la questione sostanziale su cui verte la controversia.
Le norme di diritto materiale sono infatti da considerarsi speciali perché risolvono direttamente tali questioni, evitando il doppio passaggio coessenziale all’applicazione del diritto internazionale privato, e consistente dapprima nell’individuazione della legge applicabile sulla base del criterio di collegamento e quindi nell’applicazione della stessa.
Posta tale premessa, occorre allora verificare se sussistono i presupposti per l’applicazione della Convenzione delle Nazioni Unite.
Sotto il profilo obiettivo, occorre che il contratto sia un contratto di compravendita.
Di tale rapporto, per vero, la Convenzione non dà alcuna definizione, come rilevato dalla giurisprudenza più accorta (v. Trib. Padova, 25 febbraio 2004, cit.; Kantonsgericht Schaffhausen, 25 febbraio 2002, su www.cisg-online.ch/cisg/urteile/723.htm; Cour d’Appel Colmar, 12 giugno 2001, su witz.jura.uni-sb.de/CISG/decisions/120601v.htm; altresì Tribunal Cantonal de Vaud, 11 marzo 1996, su www.unilex.info/case.cfm?pid=1&do=case&id=320&step=FullText; Oberster Gerichtshof, 10 novembre 1994, su www.cisg.at/2_54793.htm); e tanto vale a render necessario che il rapporto materialmente dedotto in lite vada qualificato nel rispetto di un parametro normativo di riferimento.
2.2 A tale riguardo, non appare corretto richiamare la nozione fornita dal diritto domestico (così anche Trib. Padova, 11 gennaio 2005, cit.; Trib. Padova, 25 febbraio 2004, cit.), ed in specie quella prevista dall’art. 1470 c.c.; il concetto di “compravendita” previsto dalla Convenzione deve piuttosto essere ricavato (come d’altronde la maggior parte dei concetti rilevanti, tra cui quelli di “sede d’affari”, di “residenza abituale”, di “beni”) in modo autonomo, ossia senza ricorrere a categorie peculiari di un determinato ordinamento.
A tale proposito, assume specifico rilievo il disposto di cui agli artt. 30 e 53 della Convenzione (così anche Juzgado de primera instancia e instrucción no. 3 de Tudela, 29 marzo 2005, su www.uc3m.es/cisg/sespan45.htm; Tribunal Cantonal du Jura, 3 novembre 2004, su www.cisg-online.ch/cisg/urteile/965.pdf; Trib. Padova, 11 gennaio 2005, cit.; Trib. Padova, 25 febbraio 2004, cit.; Trib. Rimini, 26 novembre 2002, cit.; Tribunal Cantonal de Vaud, 11 aprile 2002, su www.cisg-online.ch/cisg/urteile/899.pdf; Kantonsgericht Schaffhausen, 25 febbraio 2002, su www.cisg-online.ch/cisg/urteile/723.htm).
Da tale disposto si evince infatti che è contratto di compravendita, alla luce della Convenzione, il contratto in forza del quale il venditore è obbligato a consegnare i beni, trasferirne la proprietà ed eventualmente rilasciare tutti i documenti relativi ad essi, mentre il compratore è obbligato a pagare il prezzo ed a prendere in consegna i beni (v. anche Cour d’Appel de Colmar, 12 giugno 2001, su witz.jura.uni-sb.de/CISG/decisions/120601v.htm; Cour d’Appel de Paris, 12 ottobre 2000, su witz.jura.uni-sb.de/CISG/decisions/121000v.htm; Audiencia Provincial de Navarra, 27 marzo 2000, su www.uc3m.es/cisg/sespan11.htm; Tribunal Cantonal de Vaud, 11 marzo 1996, cit.).
Ed invero, non v’è dubbio che l’operazione negoziale descritta dall’attrice rivesta i caratteri menzionati.
Si trattava, infatti, di un contratto mediante il quale la venditrice trasferiva la proprietà di alcuni modelli di calzature, obbligandosi a consegnarli e dietro pagamento di un corrispettivo dopo la presa in consegna da parte dell’acquirente.
2.3 La Convenzione richiede altresì che l’oggetto del contratto sia mobile e tangibile (per questo requisito, v. KG Zug, 21 ottobre 1999, su www.unilex.info/case.cfm?pid=1&do=case&id=412&step=FullText; OLG Köln, 21 maggio 1996, su www.unilex.info/case.cfm?pid=1&do=case&id=227&step=FullText; OLG Köln, 26 agosto 1994, su www.unilex.info/case.cfm?pid=1&do=case&id=66&step=FullText).
Non rilevano, al riguardo, la forma che l’oggetto assume (per cui possono essere soggette alla Convenzione di Vienna anche le compravendite di gas - v. Oberster Gerichtshof, 6 febbraio 1996, su cisgw3.law.pace.edu/cases/960206a3.html) il fatto che si tratti di bene nuovo od usato, animato od inanimato (OLG Köln, 21 maggio 1996, cit.; LG Köln, 16 novembre 1995, su www.cisg-online.ch/cisg/urteile/265.htm, V. LG Flensburg, 19 gennaio 2001, su www.cisg-online.ch/cisg/urteile/619.htm; Cour d’Appel Paris, 14 gennaio 1998, su www.unilex.info/case.cfm?pid=1&do=case&id=278&step=FullText>; Hof Arnhem, 22 agosto 1995, su www.unilex.info/case.cfm?pid=1&do=case&id=156&step=FullText).
Nel caso di specie, trattandosi di vendita di modelli di calzature, non v’è dubbio che la Convenzione risulti applicabile.
2.4 Occorre poi che il contratto sia internazionale; e del carattere di internazionalità del contratto la stessa Convenzione, come la maggior parte delle convenzioni di diritto materiale uniforme, fornisce una precisa definizione.
È infatti necessario, a tale proposito, che al momento della conclusione del contratto le parti contraenti abbiano la loro sede d’affari - ossia il luogo dal quale viene svolta un’attività commerciale caratterizzata da certa durata e stabilità nonché da autonomia - in Stati diversi (per questa definizione vedi la giur. cit. e OLG Stuttgart, 28 febbraio 2000, in Internationales Handelsrecht 2000, 66).
Con riferimento al contratto dedotto in giudizio, risulta evidente che questo requisito di internazionalità sussiste, avendo le parti la rispettiva sede d’affari nella Repubblica Slovena ed in Italia.
Inoltre, si osserva che tale internazionalità era ben conosciuta dalle parti al momento della conclusione del contratto, per cui essa non può considerarsi irrilevante ai sensi dell’art. 1, comma 2°, della Convenzione.
L’internazionalità del contratto non è tuttavia sufficiente a rendere applicabile la Convenzione (v. Trib. Padova, 25 febbraio 2004, cit.).
Occorre infatti un ulteriore elemento, e cioè che i paesi nei quali le parti hanno la loro sede d’affari siano Stati contraenti della Convenzione al momento della conclusione del contratto (art. 1, 1° comma, lett. a), oppure che le norme di diritto internazionale privato del foro rinviino al diritto di uno Stato contraente (art. 1, 1° comma, lett. b).
Nel caso di specie è utile evidenziare che la Convenzione è entrata in vigore sia nella Repubblica Slovena sia in Italia ben prima della conclusione del contratto.
Essa deve pertanto considerarsi applicabile in virtù dell’art. 1, comma 1°, lett. a).
2.5 Si aggiunga infine che le parti non hanno fatto ricorso alla possibilità di escludere l’applicazione della Convenzione, ancorché detta facoltà fosse loro spettante ed esercitabile anche in forma tacita, come spesso affermato dalla citata giurisprudenza italiana e da quella straniera (si vedano, ad esempio, Cour de Cassation, 25 ottobre 2005, su witz.jura.uni-sb.de/CISG/decisions/251005v.htm; Oberster Gerichtshof, 22 ottobre 2001, su www.cisg.at/1_7701g.htm; Cour de Cassation, 26 giugno 2001, su witz.jura.uni-sb.de/CISG/decisions/2606012v.htm; OLG München, 9 luglio 1997, su www.cisg-online.ch/cisg/urteile/282.htm; LG München, 29 maggio 1995, su www.cisg-online.ch/cisg/urteile/235.htm; OLG Celle, 24 maggio 1995, su www.cisg-online.ch/cisg/urteile/152.htm).
In considerazione di quanto sopra affermato, si deve concludere per l’applicabilità della Convenzione delle Nazioni Unite.
3. Ciò posto, e passando al merito della controversia, occorre anzitutto dar conto delle vicende in fatto.
Risulta dalla documentazione prodotta - rispetto alla quale la convenuta, restando contumace, non ha consentito di apprezzare elementi di significato contrario a quelli di cui si darà conto in appresso - che dopo la presa in consegna delle calzature acquistate Mitias riscontrò vizi e difetti, che denunziò analiticamente alla venditrice con messaggio di posta elettronica successivo di sette giorni (cfr. doc. 7 attoreo: “ci sono molti difetti per i quali non le possiamo mettere in vendita: i tacchi delle paia non sono uguali, altri tacchi sono storti, le cuciture storte…”).
I difetti riscontrati furono peraltro documentati attraverso fotografie scattate all’atto della presa in consegna (cfr. doc. 6 attoreo).
Con la denunzia in questione l’attrice propose alla convenuta di sostituire i capi difettosi con altri integri, previo eventuale controllo.
A riscontro della denunzia, cui avevano fatto seguito missive conformi (docc. 8- 9), Solidea inviò all’attrice la seguente comunicazione (doc. 10, messaggio e-mail del 20.11.2006): “siamo molto dispiaciuti per i problemi riscontrati nelle calzature e saremmo disposti ad accettare la proposta, ma purtroppo non abbiamo gli articoli disponibili per effettuare il cambio merce. Per questo le chiedo se potrebbe essere interessato a ricevere articoli sostitutivi differenti… della collezione A/I 2006-2007 tra cui potrà scegliere”.
L’attrice accettò soltanto in parte la proposta (v. email del 24.11.2006, doc. 14) instando per ottenere la restituzione del prezzo quanto ai capi fallati e non adeguatamente sostituibili con altri articoli prodotti dalla convenuta; ed a questo punto Solidea rifiutò di procedere, sul rilievo del fatto che “l’azienda di prassi non effettua resi in denaro” (v. email del 27.11.2006, doc. 15).
3.1 Tale essendo il quadro fattuale di riferimento, l’attrice domanda la restituzione del corrispettivo pari al controvalore delle calzature difettose.
Il referente normativo, al riguardo, è costituito dall’art. 35 della Convenzione, a mente del quale il venditore deve consegnare beni di quantità, qualità e tipo conformi a quanto stabilito contrattualmente.
Qualora le caratteristiche dei beni non siano state convenute dalle parti (o le parti non le abbiano specificate in modo sufficientemente preciso od esauriente - v. Oberster Gerichtshof, 27 febbraio 2003, su www.unilex.info/case.cfm?pid=1&do=case&id=908&step=FullText) ed esse non si possano evincere nemmeno dagli usi o dalle pratiche instauratesi tra le parti rilevanti ex art. 9 della Convenzione, si deve ricorrere all’art. 35, 2° comma, per determinare quali caratteristiche debbono presentare i beni.
Questa disposizione - di carattere meramente sussidiario (v. ult. cit.) - enuncia dunque gli standards oggettivi minimi che i beni compravenduti debbono avere (v. KG Schaffhausen, 27 gennaio 2004, su www.cisg-online.ch/cisg/urteile/960.pdf).
Il 2° comma dell’art. 35 fissa quattro criteri di determinazione delle caratteristiche che i beni debbono presentare in mancanza di diversa volontà delle parti, o di usi diversi, o di diverse pratiche instauratesi tra le parti.
Secondo l’art. 35, 2° comma, lett. a), i beni devono essere idonei a tutti gli usi (e non soltanto ad alcuni di essi) ai quali servono abitualmente beni dello stesso tipo. Alla luce del fatto che i contratti soggetti alla Convenzione di Vienna sono generalmente contratti tra commercianti, la valutazione oggettiva della conformità, nel senso di idoneità all’uso ai quali beni dello stesso tipo abitualmente servono, deve farsi tenendo conto di quanto un commerciante medio posto nelle medesime circostanze possa aspettarsi; ne consegue sicuramente che i beni devono quanto meno essere idonei ad essere commercializzati, attraverso la rivendita.
Nel caso di specie, è emerso che le calzature erano destinate ad una rivendita al minuto nel paese dell’acquirente, e che dell’inidoneità a tale uso la venditrice era a piena conoscenza, tant’è che riconobbe tale situazione offrendosi di provvedere alla sostituzione della merce.
3.2 Qualora i beni risultino difettosi, per non perdere la relativa garanzia l’acquirente deve denunziare al venditore i difetti, specificandone per quanto possibile la natura, entro un “tempo ragionevole” dal momento in cui li ha scoperti o avrebbe dovuto scoprirli (art. 39, 1° comma); ed il concetto di “ragionevolezza” del termine costituisce, secondo la prevalente opinione, una “clausola generale” (cfr. in tal senso Trib. Vigevano, 12 luglio 2000, cit.; Pretura Torino, 30 gennaio 1997, in Giur. it., 1998, 985) e che non può che rimandare ad una valutazione da parte del Giudice di tutte le circostanze della fattispecie concreta (cfr. Oberster Gerichtshof, 15 ottobre 1998, su www.cisg.at/2_19198x.htm; OLG Düsseldorf, 12 marzo 1993, su www.cisg-online.ch/cisg/urteile/82.htm; Rechtbank Roermond, 19 dicembre 1991, su www.unilex.info/case.cfm?pid =1&do=case&id=34&step=FullText).
Il momento in cui i vizi dovevano essere scoperti va stabilito in base all’art. 38, ai sensi del quale “il compratore deve esaminare i beni o farli esaminare nel più breve tempo possibile avuto riguardo alle circostanze”.
Nel caso di specie, risulta che Mitias ispezionò la merce sostanzialmente all’atto del suo arrivo, posto che - come si è detto - nel termine di sette giorni essa aveva provveduto a fotografare tutti i difetti ed a comunicare alla controparte la sussistenza delle anomalie riscontrate.
Peraltro, e per completezza, deve osservarsi che la ragionevolezza del termine di denunzia è stata sostanzialmente riconosciuta dal venditore, il quale, ammessa la sussistenza dei difetti, ha proposto un proprio rimedio per la conservazione dell’affare.
3.3 Ciò posto in ordine alla sussistenza di una materiale violazione degli obblighi posti a suo carico dalla Convenzione, occorre verificare se in considerazione di tale condotta la venditrice debba soggiacere alla pretesa di controparte, consistente nella domanda di risoluzione parziale del contratto.
A tale riguardo, assume rilievo decisivo la previsione di cui all’art. 25 della Convenzione, che contiene la definizione di “inadempimento essenziale”; tale previsione è infatti richiamata in principalità dall’art. 49, che a sua volta indica i casi in cui il compratore può dichiarare risolto il contratto.
A tale nozione, invero, la Convenzione ricollega conseguenze giuridiche di particolare rilievo, facendovi dipendere la possibilità per la parte non inadempiente di dichiarare la risoluzione del contratto, ovvero - se si tratta del compratore - di pretendere la consegna di beni sostitutivi, nonché imputando alla parte inadempiente il rischio del perimento della merce spedita.
L’art. 25, tuttavia, non determina quando sia rilevante un inadempimento essenziale: esso dunque rappresenta soltanto il criterio per la delimitazione tra inadempimento essenziale e semplice, i cui effetti, invece, devono essere desunti - in coerenza con il metodo interpretativo poc’anzi enunciato - da altre disposizioni della Convenzione ad esso connesse o che lo presuppongono.
3.4 Al riguardo, appaiono utili due ulteriori considerazioni.
In primo luogo, è fondamentale che sia stato violato un obbligo nascente dal contratto, dalle pratiche instauratesi tra le parti, dagli usi rilevanti ai sensi dell’art. 9, 2° comma, oppure derivante dalla Convenzione stessa, poiché in mancanza è lo stesso art. 25 a non poter trovare applicazione.
Pertanto, non vi sarà “inadempimento essenziale” nel caso in cui la parte ponga in essere una condotta incompatibile con gli obblighi contrattuali assunti, ma risulti legittimata a tenere siffatto comportamento incompatibile; si pensi, in tal senso, all’esercizio da parte del debitore del diritto a lui spettante di rifiutare l’esecuzione della propria prestazione, o all’ipotesi della mancata collaborazione del creditore che rende impossibile l’adempimento dell’obbligazione da parte del debitore.
La Convenzione al riguardo non distingue tra la violazione di obblighi principali od accessori: come sottolineato dalla giurisprudenza straniera (v. OLG Köln, 8 gennaio 1997, su cisgw3.law.pace.edu/cases/970108g1.html; Bundesgerichtshof, 3 aprile 1994, in Recht der Internationalen Wirtschaft 1996, 594), anche l’inadempimento di un obbligo che non sia un obbligo principale del contratto, bensì un mero obbligo accessorio, può senz’altro risultare essenziale a condizione che risulti in stretta relazione con lo scambio di merci.
In secondo luogo, va osservato che l’art. 25 non fa distinzioni fra i diversi tipi di inadempimento, come la mancata consegna, il mancato pagamento, l’impossibilità, il ritardo, od altro, ma crea piuttosto un concetto unitario di inadempimento (v. Bundesgerichtshof, 3 aprile 1994, cit.).
L’essenzialità dell’inadempimento si basa infatti sul pregiudizio delle legittime aspettative contrattuali della parte danneggiata, poiché l’ultima parte della norma dispone che esso debba risultare così grave da far venire meno l’interesse di tale parte alla esecuzione del contratto (v. HG Kanton Aargau, 5 novembre 2002, su cisgw3.law.pace.edu/cases/021105s1.html).
Ciò corrisponde, del resto, al principio generale sul quale si basa la Convenzione, secondo cui alla risoluzione del contratto, prevista in caso di essenzialità dell’inadempimento, dovrebbe ricorrersi soltanto come extrema ratio (così anche OLG Köln, 14 ottobre 2002, su cisgw3.law.pace.edu/cases/021014g1.html; LG München, 27 febbraio 2002, su cisgw3.law.pace.edu/cases/020227g1.html; Oberster Gerichtshof, 7 settembre 2000, su cisgw3.law.pace.edu/cases/000907a3.html).
La gravità del pregiudizio, secondo quanto ritenuto in giurisprudenza, va dunque valutato in merito al caso concreto e basandosi sulle aspettative contrattuali della parte danneggiata obiettivamente, evincibili alla luce del regolamento negoziale ovvero delle pratiche instauratesi tra le parti e di tutte le altre circostanze sussistenti fino al momento della conclusione del contratto, quali, ad esempio, le trattative contrattuali (v. OLG Linz, 23 gennaio 2006, su cisgw3.law.pace.edu/cases/060123a3.html; Oberster Gerichtshof, 21 giugno 2005, su cisgw3.law.pace.edu/cases/050621a3.html; Schweizerisches Bundesgericht, 28 ottobre 1998, su cisgw3.law.pace.edu/cases/981028s1.html).
Laddove, come nel caso di specie, non sia dato rinvenire un regolamento contrattuale, può utilmente farsi riferimento ad alcune tipologie di situazioni, così come previste e regolate dalla giurisprudenza.
Quando infatti, come nel caso di specie, vi sia una sostanziale mancata prestazione - si osservi che il valore dei beni non fallati è inferiore ad un decimo del complessivo valore economico della partita di merce acquistata - si può ritenere che la parte lesa sia stata privata sostanzialmente di ciò che essa aveva diritto di aspettarsi dal contratto; pertanto, la definitiva mancata prestazione deve essere considerata come inadempimento essenziale ai sensi dell’art. 25.
Alla definitiva mancata prestazione la giurisprudenza equipara poi l’illegittimo e definitivo rifiuto della prestazione dovuta (v. OLG Celle, 24 maggio 1995, su cisgw3.law.pace.edu/cases/950524g1.html).
In particolare, la consegna da parte del venditore di merci non conformi al contratto rappresenta un inadempimento essenziale qualora la difformità sia tale da non consentire alla parte lesa di accontentarsi di un semplice risarcimento del danno o della riduzione del prezzo (v. anche OLG Köln, 14 ottobre 2002, cit.; Bundesgerichtshof, 3 aprile 1994, su cisgw3.law.pace.edu/cases/960403g1.html).
Ciò corrisponde anche al principio generale che sta alla base della Convenzione, già menzionato, secondo cui al rimedio giuridico della risoluzione del contratto dovrebbe essere possibile soltanto quale extrema ratio; pertanto, si è sempre in presenza di un inadempimento essenziale nell’ipotesi di consegna di merci non conformi al contratto, la non-conformità delle quali non possa essere eliminata da parte del venditore, o possa esserlo soltanto entro un termine incongruo o con gravi inconvenienti per l’acquirente (v. OLG Köln, 14 ottobre 2002, cit.; LG München, 27 febbraio 2002, cit.; LG Regensburg, 24 settembre 1998, su cisgw3.law.pace.edu/cases/980924g1.html; OLG Koblenz, 31 gennaio 1997, su cisgw3.law.pace.edu/cases/970131g1.html).
In caso contrario, infatti, l’adempimento sarebbe ancora possibile e dunque resterebbe salvo il sostanziale interesse del compratore all’adempimento (v. HG Kanton Aargau, 5 novembre 2002, cit.).
3.5 Tale ultima ipotesi dev’essere tuttavia esclusa nel caso di specie.
L’accertato comportamento del venditore conduce infatti ed anzitutto e ritenere che i difetti riscontrati non siano eliminabili: non si può infatti attribuire tale valenza alla proposta effettuata da Solidea, in quanto la sostituzione di merce da lei proposta avrebbe avuto luogo con articoli diversi, che l’acquirente ha dichiarato inidonei al mercato di destinazione.
Né, sul punto, la convenuta ha potuto offrire elementi donde si sarebbe potuta ritenere l’arbitrarietà di tale rifiuto della controparte; e tantomeno risulta che essa abbia in qualche modo prospettato una propria resipiscenza, atteso che il testo della comunicazione di posta elettronica del 20.11.2006 (“non abbiamo gli articoli disponibili per effettuare il cambio merce”) e quello della successiva, datata 27.11 (“l’azienda di prassi non effettua resi in denaro”) escludevano categoricamente tale evenienza.
La proposta di Solidea non risultava quindi idonea ad eliminare il vizio senza far sorgere in capo al compratore un gravame inaccettabile.
Può dunque ben comprendersi il rifiuto di parte attrice a dar corso al rapporto nei termini prospettati dalla convenuta dopo il riscontro dei difetti lamentati; e ciò consente di legittimare la sua pretesa di risolvere il contratto, previa dichiarazione del carattere essenziale dell’inadempimento.
4. Deve perciò concludersi che l’inadempimento di Solidea si presentava come essenziale e conseguentemente che l’attrice è legittimata a convenuta a dichiarare la risoluzione del contratto.
La convenuta va dunque condannata al pagamento, in favore di controparte, dell’importo indicato in premessa (€ 6.779,00 più le spese di deposito per € 125,00 mensili fino alla restituzione), maggiorato degli interessi previsti dall’art. 84 della Convenzione, secondo cui, “ove il venditore sia tenuto a rifondere il prezzo, egli dovrà corrispondere altresì i relativi interessi a partire dal giorno del pagamento”, nonché delle spese di lite.
Per quanto riguarda l’art. 84 appena citato, esso prevede il generale diritto agli interessi dell’acquirente, senza, tuttavia, prevedere uno specifico tasso da applicare.
La questione del tasso da applicare va, infatti, qualificata come lacuna esterna, ossia come questione non disciplinata dalla Convenzione, con la conseguente necessità di individuare il diritto applicabile a mezzo delle norme di diritto internazionale privato del foro (così anche KG Schaffhausen, 27 gennaio 2004, su cisgw3.law.pace.edu/cases/040127s1.html; OLG Celle, 24 maggio 1995, su cisgw3.law.pace.edu/cases/950524g1.html), che nel caso di specie sono le norme previste dalla Convenzione dell'Aja del 15 giugno 1955, ratificata con L. 4 febbraio 1958, n. 50 ed entrata in vigore il lº settembre 1964.
In virtù del criterio di collegamento previsto dall’art. 3, comma 1°, di questa Convenzione, il diritto applicabile risulta pertanto il diritto del venditore italiano, con la conseguente applicabilità del tasso legale previsto in Italia.
Quanto, infine, alla riconoscibilità delle spese, si tratta all’evidenza di esborsi connessi alla conservazione dei beni compravenduti, cui ai sensi e per gli effetti dell’art. 85 della Convenzione deve riconoscersi la ragionevolezza.
La domanda merita dunque accoglimento nei termini espressi.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale, definitivamente pronunziando nella causa n.r.g. 2280/2007, promossa da MITIAS d.o.o., società di diritto sloveno, contro SOLIDEA s.r.l., rimasta contumace, in accoglimento della domanda dichiara risolto il contratto di compravendita reso inter partes per inadempimento della convenuta e per l’effetto dichiara tenuta e condanna quest’ultima al pagamento, in favore di parte attrice, dell’importo di € 6.779,00 oltre spese di deposito ed accessori come in motivazione.
Pone a carico di parte convenuta le spese del giudizio, che liquida in complessivi € 1.800,00, di cui € 204,00 per esborsi, € 770,00 per diritti ed € 826,00 per onorari, oltre ad IVA, CNA e spese generali come per legge.
Così deciso in Forlì, il 9.12.2008.
Il Giudice
Dott. Francesco Cortesi}}

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Original in Italian:
- available at the University of Basel website, http://www.globalsaleslaw.org

English translation:
- available at the University of Pace website, http://cisgw3.law.pace.edu/}}