Data
- Date:
- 13-10-2006
- Country:
- Italy
- Number:
- 22023
- Court:
- Corte di Cassazione
- Parties:
- Amministrazione delle Finanze dello Stato v. Ford Italia S.p.A.
Keywords
SALES CONTRACT GOVERNED BY CISG – WRITTEN FORM NOT NECESSARY NOTWITHSTANDING DIFFERENT PROVISIONS OF DOMESTIC LAW (ART. 11 CISG)
Abstract
An Italian company (buyer) concluded different contracts with foreign companies of its own group (sellers) for the sale of cars which had to be retailed to the final consumers in Italy. According to the general directions given by the US parent company, the costs of repairs in case of manufacturing defects were to be placed on the buyer without any modification of the purchase price, and notwithstanding the conflict with Art. 1490 of the Italian Civil Code, which charges the seller with the onus to guarantee that the goods are free from defects.
Subsequently, the Italian Tax Agency sued the Italian buyer stating that it had started a complex economic operation in order to avoid Italian tax laws. In particular, it held that, since the car purchase price had not been reduced because of the transferred guarantee, the group taxable income should have fallen in Italy, while the seller companies would have drawn higher profits in countries with lower taxation policy.
The First and the Second Instance Courts ruled in favour of the buyer, holding that the group’s agreement on the defects guarantee was valid according to the provisions of CISG which, unlike the Italian Civil Code (Art. 1341), do not require a written acceptance for the limited-liability clauses. Furthermore, in the opinion of the Courts, the Tax Agency had not provided any evidence of the tax advantages of the operation, nor had it demonstrated that taxes were lower in the sellers’ countries.
The Tax Agency appealed the decision asserting the applicability of Italian tax law to the case at hand.
The Supreme Court confirmed the lower court’s decision with regard to this point. It found that the group agreement on the defects guarantee, placing the burden of repair costs on the buyer, was valid notwithstanding it conflicted with Italian law (Art. 1490 C.C.). The Court held that the contract was governed by CISG and not by Italian domestic law, as the parties had their places of business in different Contracting States (Art. 1(1)(a) CISG). According to Art. 11 CISG, the group agreement on the guarantee transfer from seller to buyer was not subject to any requirement as to form in order for it to be valid; therefore, it did not need to be specifically accepted in writing as provided by Art. 1341 Italian C.C. Moreover, the Court also held that even if the transfer of guarantees was free of charge, the price of cars provided by the group agreement was to be considered “normal” as it already included the costs of the transferred guarantee.
Fulltext
(....)
Fatto:
Con processo verbale di constatazione il nucleo PT della Guardia di Finanza concludeva una verifica fiscale effettuata presso la spa Ford Italia per gli anni 1987-1992 dalla quale scaturiva, da parte del 2^ Ufficio II.DD. di Roma, avviso di accertamento con recuperi a titolo di IRPEG ed ILOR tra i quali la ripresa a tassazione di presunte sovrafatturazioni di autovetture acquistate da societa` estere del gruppo.
L'Ufficio, infatti, ipotizzava un costo maggiore di quello normale da stabilire secondo le previsioni del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 76 (TUIR) in quanto la Ford Italia si era accollata senza compenso l'onere-gravante per legge sulla societa` costruttrice - delle riparazioni e manutenzioni delle vetture nuove, venendo in tal modo a realizzare una riduzione dell'imponibile in Italia a vantaggio di maggiori profitti di consociate operanti in paesi a piu` bassa fiscalita`, ne` del resto risultando provato per atto scritto che di tali maggiori oneri la societa` avesse tenuto conto nella determinazione del prezzo di acquisto.
Tale tesi confutata dalla societa` contribuente nelle sedi del contenzioso tributario, veniva respinta in entrambi i gradi.
In particolare la Commissione Tributaria Regionale di Roma - confermando sul punto la decisione della Commissione provinciale capitolina - argomentava che esisteva un valido accordo di gruppo (secondo direttive impartite dalla Ford statunitense nel 1967 alle societa` consorelle acquirenti che si obbligavano a sostenere le spese di riparazioni e manutenzione delle auto nuove acquistate nei confronti di clienti e concessionari) il quale rappresentava un accollo della garanzia per vizi della cosa in capo all'acquirente intermediario nei confronti degli acquirenti finali del bene: accordo che, in base alla Convenzione di Vienna del 1980 sulla vendita internazionale, non richiedeva alcuna approvazione scritta delle clausole limitative di responsabilita` ex art. 1341 c.c. e forniva indizi contrari all'assunto dell'Ufficio circa la mancanza di prova della presa d'atto di tali oneri nella determinazione del prezzo di acquisto.
Rilevava infine che l'Ufficio non aveva dimostrato il presupposto che avrebbe reso fiscalmente utile tutta l'operazione, cioe` la piu`bassa fiscalita` nel periodo in questione dei paesi nei quali la Ford Italia acquistava le vetture.
Quanto alle altre riprese pure contestate (spese di manutenzione e riparazione relative a vetture di servizio eccedenti il 5%, spese di manutenzione e riparazione contabilizzate nel conto profitti e perdite eccedenti il limite deducibile, spese di rappresentanza eccedenti il limite deducibile, spese promozionali non inerenti la produzione del reddito) che i Giudici di 1^ grado avevano ritenute legittime, la Commissione regionale si asteneva dall'esaminare le censure della Ford dichiarandone inammissibile l'appello - da essa qualificato incidentale - in quanto avente funzione di appello principale (poiche´ indipendente da quello proposto dall'Ufficio sulle statuizioni in tema di sovrafatturazione) e dunque da notificare alla controparte come previsto per ogni forma di impugnazione: il che non era stato fatto.
Ricorre per la Cassazione della sentenza l'Amministrazione finanziaria e - per quanto occorra - l'Agenzia delle Entrate - lamentando violazione del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 76, commi 2^ e 5^ (TUIR), artt. 1341 e 1490 c.c., Convenzione di Vienna dell'11/04/1980 nonche´ insufficiente e contraddittoria motivazione su punto decisivo della controversia.
Adduce che - fatta salva l'autonomia contrattuale trattandosi di transazioni internazionali - i rapporti commerciali dovevano tener conto ai fini fiscali delle norme nazionali sulle valutazioni e - nel caso di specie - delle disposizioni del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 76 (TUIR) sul valore normale dei beni ceduti che tale non poteva essere se la Ford Italia assumeva interamente a proprio carico l'onere economico di sostituzioni e riparazioni di veicoli viziati da difetti di fabbrica rimborsando alle concessionarie ed alle officine autorizzate i materiali e la mano d'opera impiegata in numerosissimi interventi.
Desume pertanto che, se detti costi non erano ripetuti dal fornitore, la rivenditrice veniva a sopportare spese aggiuntive non essendovi prova della applicazione di una riserva di garanzia nella determinazione del c.d. transfer pricing per cui la mancanza di una garanzia legale per vizi veniva a riverberarsi sul valore normale di transazione con effetti quanto meno elusivi. Infatti non essendo richiesta la riduzione del prezzo in funzione di tali oneri (o comunque non risultando provato che esso fosse stato realmente decurtato della riserva-garanzia secondo le indicazioni contenute nelle direttive della casa madre) i costi di acquisto rimanevano contabilizzati all'iniziale supervalore sproporzionato rispetto a quello effettivo della merce con riduzione degli utili della societa` italiana in favore di quelle estere.
Contrariamente a quanto argomentato dalla Commissione Regionale - dunque - la ripresa a tassazione - secondo l'Amministrazione - non si basava su mere presunzioni ed astratti ragionamenti bensi` su presupposti contabili di fatto integrati con l'analisi economica dei rapporti infra-gruppo, tanto piu` che non era stato esibito in sede di verifica alcun elemento comprovante i suddetti obblighi negoziali ne´ la Convenzione di Vienna poteva salvaguardare la validita` di contratti irragionevolmente escludenti il ricorso alla garanzia per vizi.
Da qui la ribadita legittimita` dei recuperi per illegittimo gonfiamento dei costi di acquisto che aveva provocato grave danno alle casse dello Stato. Resiste la Ford Italia partitamente replicando alle avverse censure e svolgendo ricorso incidentale contro la statuizioni di inammissibilita` dell'appello lamentando violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 23, 49 e 54, nonche´ artt. 333 e 343 c.p.c., oltre ad insufficiente e contraddittoria motivazione posto che il criterio distintivo tra appello principale ed incidentale era solo quello cronologico e l'appello incidentale - ai fini della sua rituale proposizione - bastava fosse depositato presso la segreteria della Commissione Tributaria secondo la disciplina del D.Lgs. n. 546 del 1992, come avvenuto nella fattispecie.
Diritto:
1. Vanno preliminarmente riuniti i ricorsi proposti contro la medesima sentenza a sensi dell'art. 335 c.p.c.
2. Tanto premesso, osserva la Corte sul ricorso principale che la tesi dell'Amministrazione Finanziaria si fonda su presunte sovra fatturazioni di autovetture oggetto di operazioni infra-gruppo tra la Ford Italiana spa (societa` posseduta per quasi l'intero capitale dalla Ford Motor Company USA) e le consorelle europee (sources Ford), la prima operante come distributrice-venditrice nel nostro paese dei veicolo acquistati dalle seconde che ne erano fabbricanti nei vari stabilimenti produttivi localizzati soprattutto in Germania, Spagna e Gran Bretagna.
Poiche´ delle disposizioni del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 76, comma 5, i componenti di reddito derivanti da operazioni con societa` non residenti nel territorio dello Stato, che - direttamente o indirettamente - controllano l'impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa societa` che controlla l'impresa sono valutati in base al "valore normale" dei beni ceduti, dei servizi prestati e dei beni e servizi ricevuti determinato - a sensi del rinvio operato dal comma 2 - secondo i criteri dettati dall'art. 9, che individua tale valore nel "prezzo o corrispettivo mediamente praticato per i beni o servizi della stessa specie o similari in condizioni di libera concorrenza ed al medesimo stadio di commercializzazione" e la Ford Italia assumeva a proprio carico l'onere economico e finanziario di sostituzioni e riparazioni dei veicoli viziati da difetti di fabbrica rimborsando a concessionarie e officine autorizzate il costo dei loro interventi in spregio all'art. 1490 c.c. (spettando per legge la garanzia dei vizi della cosa venduta al fabbricante-venditore)ed in difetto di prova di una riserva - garanzia (convenzionale) operante sul prezzo di trasferimento per ridurlo in proporzione al fine di riportarlo al suo valore normale, discendeva - secondo l'assunto dell'Amministrazione - una supervalutazione dei beni rettificabile secondo i citati parametri normativi con ripresa a tassazione dell'illegittimo gonfiamento dei costi che veniva a provocare.
Tale costruzione - ancorche´ suggestiva - non puo` essere condivisa come del resto ritenuto nelle decisioni emesse nei precorsi gradi di merito dai Giudici tributari di Roma.
L'Amministrazione fa anzitutto leva sulla mancanza - nei rapporti tra Ford Italia e le fornitrici estere - di qualsiasi patto contrattuale limitativo della responsabilita` del venditore per vizi originari dei prodotti oggetto di compravendita facendone derivare la automatica operativita` della garanzia legale di cui non era dato sapere se ed in che misura decurtata dal prezzo intercompany.
Ora nella fattispecie non trova applicazione la legge italiana ma la Convenzione di Vienna dell'11/04/1980 rettificata e resa esecutiva con L. 11 dicembre 1985, n. 765, ed entrata in vigore a partire dall'01/01/1988.
L'art. 1, comma 1, della Convenzione ne stabilisce i criteri di applicazione che sono due.
La disciplina uniforme si applica quando la vendita e` intercorsa tra parti che hanno la loro sede (place of business) in due Stati contraenti diversi oppure quando le norme di diritto internazionale privato (cioe` del foro) portano alla applicazione della legge di uno Stato contraente.
Dal tenore letterale della disposizione citata si evince dunque che la Convenzione si applica alle vendite internazionali ed al fine di determinare il carattere internazionale della vendita, occorre fare riferimento alla sede di affari delle parti: se questa si trova in due Stati diversi, la vendita ha il carattere della internazionalita` e, pertanto, e` soggetta alle disposizioni della Convenzione.
Viceversa, qualora le parti abbiano la propria sede di affari in uno stesso Stato, la vendita e` considerata interna e, di conseguenza, si applicano le disposizioni della legge nazionale, per quanto riguarda l'Italia il codice civile.
E' pacifico in causa che nel 1967 la casa madre con sede negli Stati Uniti emanava una direttiva, in base alla quale tutte le societa` del gruppo Ford, che vendevano al pubblico i veicoli dovevano sostenere le spese di riparazione in garanzia per i difetti di fabbricazione imputabili alle societa` consociate produttrici dei veicoli medesimi.
La Direttiva era ed e` tuttora funzionale nel regolare in modo uniforme i rapporti di scambio tra tutte le societa` del gruppo Ford, che hanno la propria sede di affari in Stati diversi e dunque da considerare inserita nei rapporti contrattuali di volta in volta concretamente istituiti.
Cio` significa che la vendita al pubblico dei veicoli effettuata dalle varie societa` del gruppo resta connotata dal carattere della internazionalita` e quindi ciascuna societa` del gruppo Ford non puo` applicare la legislazione interna del proprio Stato di appartenenza, ma deve applicare le disposizioni della Convenzione.
L'art. 11 della ridetta Convenzione sancisce il principio della liberta` di forma statuendo che "un contratto di vendita non necessita di essere concluso o provato per iscritto e non e` sottoposto ad alcun altro requisito di forma. Esso puo` venir provato con ogni mezzo, anche per testimoni". La parti possono cosi' scegliere liberamente la forma negoziale per regolare i propri rapporti escludendo o trasferendo, se del caso , la garanzia per vizi della cosa senza l'osservanza di alcuna formalita`. L'accordo di accollo di garanzia non necessitava, quindi, di formalizzazione alcuna ne' esigeva per essere opposto di pattuizione specifica e documentata mentre la normalita` del prezzo di acquisto nei rapporti infragruppo trovava ragione nel disposto dalla menzionata direttiva (come preso atto nel PVC richiamato nel ricorso) secondo cui il corrispettivo fissato dalle societa` produttrici doveva essere tale da comprendere una riserva correlata alle future spese di garanzia e di politica commerciale destinate a rimanere a carico della societa` acquirente.
Come sul punto precisato dai Giudici di appello, a fronte di un accordo internazionale di gruppo che forniva indizi probatori univoci in tal senso, era l'Amministrazione onerata di dimostrare in concreto che la regola di assorbimento della garanzia non era stata rispettata e costituiva metodo elusivo per scaricare i costi (riducendo gli utili) nel paese di piu` bassa fiscalita`.
Lo scopo della disciplina dettata dal D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 76, comma 5 (TUIR) (che regola il c.d. transef pricing) e` di evitare che all'intermo del gruppo vengano posti in essere trasferimenti di utili tramite applicazione di prezzi inferiori al valore normale dei beni ceduti onde sottrarli alla tassazione in Italia a favore di tassazioni estere inferiori.
Si tratta di clausola antielusiva che trova, non solo, radici nei principi comunitari in tema di abuso del diritto (cioe` strumentalmente piegato in funzione anomala e/o eccedente il suo normale esercizio) richiamati soprattutto in materia doganale per contrastare operazioni compiute al solo scopo di trarre benefici dalie agevolazioni daziarie: cosi` Corte di Giustizia, sentenza 14 dicembre 2000 in causa C - 110/1999, Emsland-Starke GmbH) ma anche immanenza in diversi settori del diritto tributario nazionale essendo consentito all'Amministrazione finanziaria di disconoscere - ad esempio - i vantaggi fiscali conseguiti da operazioni societarie (L. n. 408 del 1990, art. 10) poste in essere senza valide ragioni economiche ed allo scopo esclusivo di ottenere fraudolentemente un risparmio di imposta.
Questa Corte ha gia` avuto modo di precisare che l'onere della prova della ricorrenza dei presupposti dell'elusione grava in ogni caso sull'Amministrazione che intenda operare le conseguenti rettifiche (ex multis 4317/2003).
Cio` trova conferma anche in materia di transfer pricing posto che le direttive OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) da tempo rivolte ad elaborare i criteri di determinazione del prezzo di trasferimento nelle transazioni commerciali internazionali (in pratica il prezzo di libera concorrenza dovendo emergere dal raffronto "esterno" di tale corrispettivo con quello praticato in vendita similare effettuata tra imprese indipendenti oppure dal confronto "interno" tra una impresa del gruppo e terzo indipendente), nel rapporto del 1995 hanno espressamente sottolineato che, laddove la disciplina di ciascuna giurisdizione nazionale preveda che sia l'Amministrazione finanziaria ad essere gravata dell'onere della provare le proprie pretese, il contribuente non e` tenuto a dimostrare la correttezza dei prezzi di trasferimento applicati, se non prima che l'Amministrazione fiscale abbia essa stessa provato "prima facie" il non rispetto del principio del valore normale.
Ebbene l'Ufficio, in ottemperanza ai richiamati principi, avrebbe dovuto, innanzitutto, accertare - come evidenziato dalla sentenza impugnata - se veramente la fiscalita` in Italia era all'epoca superiore rispetto a quella in vigore nei paesi di provenienza dei veicoli compravenduti in secondo luogo, determinare il valore normale dei veicoli acquistati da Ford Italia verificando, in concreto, se i corrispettivi pagati dalla stessa alle proprie consociate estere fossero effettivamente superiori a tale valore con indagine estesa alla sufficienza del margine di utile ricavato per coprire le spese di riparazione in garanzia ed analisi delle condizioni del mercato automobilistico mediante confronto dei prezzi praticati all'interno del gruppo Ford con quelli praticati da altre imprese concorrenti.
Peraltro la ripresa a tassazione operata sul rilievo della illegittima deduzione di imponibile non risulta essere transitata da questi passaggi obbligati, in realta` l'Ufficio essendosi limitato a fare riferimento alle particolari condizioni contrattuali esistenti tra le parti in tema di esclusione della garanzia per i vizi di fabbricazione dei veicoli e da tanto deducendo la sovrafatturazione dei veicoli acquistati dalla societa` italiana.
E cio` benche´ tali meccanismi di vendita non fossero di per se "anomali" bensi` razionalmente spiegabili ed economicamente giustificabili per esigenze di politica commerciale e di immagine quali - come al riguardo spiegato nelle difese Ford - il favorire il cliente finale facultato a far valere la garanzia nei confronti del proprio fornitore e non costretto a rivolgersi al produttore estero; tutelare i rapporti tra fabbricanti e distributori riducendo potenzialmente il contenzioso suscettibile di crearsi qualora la societa` commercializzatrice dovesse ogni volta rivalersi per ottenere rimborso delle spese dalla societa` produttrice; creare nel soggetto onerato un ferreo controllo sulla necessita` ed entita` delle riparazioni, finalita` queste tutte plausibili che concorrono a svilire ogni ipotizzato intento elusivo privo - anche per questo verso - di pertinenti riscontri probatori.
Il ricorso dell'Amministrazione va pertanto rigettato in tutte le sue articolazioni.
3. Meritevole di accoglimento e` - invece - il ricorso incidentale della Ford Italia che denunzia l'errore di diritto in cui sarebbero incorsi i Giudici d'appello nel dichiarare inammissibile l'impugnazione incidentale proposta nei confronto delle statuizioni di prime cure che avevano ritenuto legittime le ulteriori riprese fiscali.
La sentenza della Commissione Tributaria Regionale ha erroneamente attribuito natura di appello principale all'appello incidentale proposto da Ford per la natura autonoma dei capi della sentenza impugnati senza considerare che la distinzione tra appello principale ed appello incidentale e` basata esclusivamente su un criterio cronologico: e` principale l'appello proposto per primo, incidentale quello proposto successivamente.
Invero nel vigente sistema processuale, l'impugnazione proposta per prima determina la costituzione del rapporto processuale, nel quale devono confluire le eventuali impugnazioni di altri soccombenti perche´ sia mantenuta l'unita` del procedimento e sia resa possibile la decisione simultanea.
Di conseguenza le impugnazioni successive alla prima assumono necessariamente carattere incidentale, siano esse impugnazioni tipiche (proposte cioe` contro l'appellante principale) ovvero autonome (dirette, cioe`, a tutelare un interesse del proponente che non nasce dall'impugnazione principale ma per un capo autonomo e diverso della domanda), solo il tempo costituendo criterio per distinguere tra appello principale ed appello incidentale si da restare assolutamente ininfluente che vi sia o meno dipendenza tra le proposte impugnazioni avverso la medesima sentenza.
Ora, poiche´ Ford Italia ha depositato il proprio appello successivamente all'appello principale notificato dall'Amministrazione finanziaria, la sua impugnazione non poteva che avere natura di appello incidentale.
Viene cosi` meno anche la tesi sostenuta dalla Commissione Tributaria Regionale che, in virtu` del richiamo operato dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 49, alle norme del codice di procedura civile, ha rilevato la mancata notifica dell'appello all'Ufficio dichiarandone la inammissibilita`.
La norma citata, nell'ultima parte, fa infatti salve le disposizioni previste dal D.Lgs. n. 546 del 1992, recante la disciplina concernente il processo tributario che contiene una precisa disposizione, l'art. 54, che regola l'appello incidentale.
A tenore di tale disposizione le parti diverse dall'appellante devono costituirsi nei modi e nei termini di cui all'art. 23 depositando apposito atto di controdeduzioni. Nello stesso atto, depositato nei modi e termini suddetti, puo` essere proposto, a pena di inammissibilita`, appello incidentale.
La disposizione in parola stabilisce dunque che l'appello incidentale deve essere presentato nei modi e nei termini previsti per le controdeduzioni che vengono depositate presso la Commissione Regionale entro sessanta giorni dalla notifica dell'appello principale.
Pertanto, solo l'appello proposto per primo (appello principale) deve essere notificato alle altre parti per poi essere depositato presso la Commissione competente nei trenta giorni successivi mentre l'appello proposto successivamente (appello incidentale) deve essere depositato direttamente presso la Commissione competente nei sessanta giorni successivi alla notifica dell'appello principale.
E' di tutta evidenza, quindi, che l'art. 54 esige solo che l'appello incidentale sia depositato insieme alle controdeduzioni, come appunto avvenuto nel caso, escludendo che debba invece venire notificato alla controparte.
In accoglimento del ricorso incidentale la sentenza andra` sul punto cassata con rinvio della causa - per le occorrenti determinazioni sul merito dell'impugnazione - ad altre sezione della Commissione tributaria regionale del Lazio che provvedera` anche sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Suprema Corte riunisce i ricorsi, rigetta il ricorso principale, accoglie il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata in relazione al ricorso accolto e rinvia - anche per le spese - ad altra sezione della Commissione Tributaria regionale del Lazio.
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Source
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