Data

Date:
09-10-2020
Country:
Italy
Number:
21834/2020
Court:
Corte Suprema di Cassazione
Parties:
Valente s.r.l. v. Impulscommerce d.o.p.

Keywords

TERMINATION (AVOIDANCE) OF CONTRACT - FORM AND CONTENT OF NOTICE OF TERMINATION (ART. 26 CISG)

EXPIRATION OF ADDITIONAL PERIOD OF TIME FIXED BY SELLER - BUYER'S FAILURE TO PAY THE PRICE - SELLER ENTITLED TO AVOID (TERMINATE) THE CONTRACT (ARTS. 63, 64 CISG)

Abstract

An Italian seller concluded a sales contract concerning vineyard posts with a Croatian buyer. Under the contractual terms, the goods were to be delivered in three installments, and payment was to be due before each installment. The seller also agreed to provide a bank guarantee against the receipt of each payment. The contract was subject to the application of the Convention due to the parties’ choice.
Despite delivery by the seller, the buyer failed to pay the price. As a result, the seller brought an action against the buyer claiming termination of the contract plus damages.
The Court of first instance ascertained that the seller had correctly terminated the contract due to the buyer’s fundamental breach and ordered the buyer to compensate the seller for the loss it had incurred.

The buyer appealed the decision, which was reversed in part. Indeed, the Court of Appeal found that the seller sent the notice requesting payment to the buyer before it had provided the bank guarantee, with the consequence that such a request could not be considered a valid notice for contract termination. The seller appealed the decision before the Court of Cassation.

The Court of Cassation determined that non-payment by the buyer amounted to a fundamental breach of the contract. Therefore, the Court held that since the seller had fixed an additional period for payment by the buyer pursuant to Art. 63 CISG and that period had elapsed, the seller had the right to declare the contract terminated under Art. 64 CISG. The Court also added that the unilateral notice of termination by the seller was valid under Art. 26 CISG.

Accordingly, the Supreme Court remanded the case to the Court of Appeal for further consideration.

Fulltext

Con atto di citazione del 21 luglio 2010 la società Valente Pali Precompressi s.p.a. conveniva
in giudizio la società croata Impulscommerce d.o.o., deducendo di aver stipulato un contratto
di fornitura di palificazioni per viti, con un compenso complessivo di euro 1.902.052,70, da
corrispondersi in tre versamenti anticipati prima della consegna della merce, anch’essa da
eseguirsi in tre soluzioni; il contratto, alle condizioni speciali, prevedeva l’emissione di una
garanzia bancaria a favore del compratore, «a fronte» del versamento della somma pattuita;
asseriva quindi l’inadempimento della convenuta per non avere eseguito il pagamento della
prima rata, inadempimento confermato dal comportamento successivo di Impulscommerce,
che anche quando Valente aveva prestato la garanzia bancaria, pur non essendovi tenuta, non
effettuò mai il primo pagamento; chiedeva quindi che, una volta accertato l’inadempimento
della società convenuta, venisse dichiarata la risoluzione del contratto ai sensi della conven-
zione di Vienna del 1980 sulla vendita internazionale di merci, con conseguente condanna
della società convenuta al risarcimento del danno, quantificato in euro 1.606.441,76 ovvero
nella misura equitativamente determinata dal giudice. Costituitasi in giudizio, Impulscom-
merce chiedeva a sua volta di dichiarare la risoluzione del contratto per fatto imputabile alla
società attrice, che aveva rifiutato di prestare la garanzia bancaria necessaria per procedere
al versamento della prima rata del prezzo concordato e che poi aveva fornito materiale inidoneo.
Il Tribunale di Padova, accertata e dichiarata la risoluzione del contratto per l’inadempimento
della società convenuta, con sentenza n. 574/2015 condannava quest’ultima al pagamento in
favore dell’attrice di euro 1.606.441,76 a titolo di risarcimento del danno.
2.
Avverso tale sentenza proponeva appello la società Impulscommerce d.o.o., insistendo per la
dichiarazione di risoluzione del contratto a causa dell’inadempimento della controparte.
Con sentenza 23 marzo 2018, n. 718 la Corte d’appello di Venezia ha parzialmente accolto il
gravame e ha così respinto la domanda di risoluzione del contratto proposta da Valente non-
ché la conseguente domanda di condanna al risarcimento del danno.

Contro la sentenza ricorre per cassazione la società Valente s.r.l. (già Valente Pali Precom-
pressi s.p.a.).
L’intimata Impulscommerce d.o.o. non ha proposto difese.
Considerato che
I.
Il ricorso è articolato in due motivi.
a)
Il primo motivo lamenta «violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto con riferimento
all’art. 64 della convenzione di Vienna del 1980 sulla vendita internazionale di merci»: la Corte
d’appello, che pure ha ravvisato il «grave» e «definitivo» inadempimento della società Impul-
scommerce (avendo questa rifiutato il pagamento nonostante la ricorrente avesse prestato
garanzia bancaria anticipata), ha ritenuto tale inadempimento non determinante ai fini della
risoluzione del contratto, non considerando che Valente, con la diffida del 2 novembre 2009,
aveva intimato il pagamento degli importi già scaduti, tra cui il primo di euro 320.171,42 («co-
perto» da garanzia bancaria del 17 settembre 2009), pena la risoluzione del contratto e la
richiesta di risarcimento del danno; in tal modo il giudice d’appello ha violato l’art. 64 della
convenzione di Vienna, direttamente applicabile alla vendita in esame in virtù del richiamo
contenuto nelle condizioni generali del contratto.
Il motivo è fondato. La Corte d’appello ha seguito il seguente ragionamento:
- non essendo condivisibile l’interpretazione data dal Tribunale della clausola di garanzia del
credito di cui al punto 5.5 delle condizioni generali del contratto giacché contraria non
soltanto alla buona fede contrattuale, ma altresì agli usi commerciali internazionali, la ga-
ranzia bancaria doveva essere disposta al più tardi contestualmente al pagamento tramite
bonifico;
- ciò non comportava però l’accoglimento della domanda di risoluzione della società croata
in quanto, quando poi giunse la fideiussione bancaria, Impulscommerce non pagò, così che
l’inadempimento di Valente fu solo temporaneo, a differenza di quello definitivo di
Impulscommerce, che mai dispose il pagamento;
- al grave inadempimento della società croata non è tuttavia seguita alcuna intimazione di
Valente, la cui diffida del 2 novembre 2009 si riferisce «unicamente alla mancata corre-
sponsione di somme già dovute prima della fideiussione», così individuando «l’inadempi-
mento nel mancato pagamento delle rate del prezzo nell’attesa dell’advance payment
bond», mentre l’inadempimento vi è stato col mancato pagamento successivo alla presta-
zione di garanzia bancaria; con impossibilità pertanto di dichiarare la risoluzione del con-
tratto per inadempimento di Impulscommerce.

È l’ultima parte del ragionamento della Corte che la ricorrente censura. Una volta affermato il
«grave» e «definitivo» inadempimento della società Impulscommerce e considerato che Va-
lente aveva assegnato un termine alla controparte per adempiere, il giudice d’appello, in base
all’art. 64 della convenzione di Vienna, non poteva rifiutarsi di dichiarare l’avvenuta risolu-
zione del contratto.
La convenzione di Vienna sulla vendita internazionale di merci (conosciuta con l’acronimo
CISG) prevede la risoluzione come strumento unilaterale con cui la parte pone fine al contratto
mediante la sua mera dichiarazione. La convenzione prevede le due diverse situazioni in cui
inadempiente sia il venditore (art. 49) e in cui inadempiente sia il compratore (art. 64). Requi-
sito centrale per la dichiarazione di risoluzione da parte del venditore (art. 64) è che l’inadem-
pimento degli obblighi del contratto costituisca un’inosservanza essenziale del contratto, che
l’art. 25 definisce come l’inosservanza che «causa all’altra parte un pregiudizio tale da privarla
sostanzialmente di ciò che questa era in diritto di attendersi dal contratto»; per essere efficace
la dichiarazione di risoluzione deve essere comunicata all’altra parte (art. 26), atto unilaterale
che secondo la giurisprudenza in materia può effettuarsi in qualsiasi forma, anche oralmente.
Nel caso in esame la valutazione di gravità dell’inadempimento è stata effettuata dalla Corte
d’appello, che – come si è visto supra – ha affermato la gravità e definitività dell’inadempi-
mento rispetto al mancato pagamento del prezzo (circa il quale la venditrice ha anche con-
cesso un termine supplementare di durata ragionevole, come prevede l’art. 63 CISG), così che
deve ritenersi accertata l’inosservanza essenziale del contratto di cui all’art. 64 CISG. Valente
inoltre espone di aver dichiarato in data 20 luglio 2010 la risoluzione del contratto «ai sensi e
per gli effetti degli artt. 61 e ss. della convenzione delle Nazioni Unite sui contratti di vendita
internazionale di beni mobili» (v. p. 4 del ricorso).
Il contratto, una volta comunicata la risoluzione ai sensi dell’art. 26 CISG, doveva quindi rite-
nersi risolto ai sensi dell’art. 64 della convenzione di Vienna.
b)
L’accoglimento del primo motivo comporta l’assorbimento del secondo che, per le stesse ra-
gioni, denuncia «violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto con riferimento all’art.
1453 c.c., applicabile in via sussidiaria alla fattispecie in esame rispetto alle previsioni della
convenzione di Vienna in virtù del richiamo previsto nel contratto».

II.
Il ricorso va quindi accolto, la sentenza impugnata va cassata e la causa rinviata alla Corte
d’appello di Venezia, che deciderà la causa attenendosi all’interpretazione dell’art. 64 della
convenzione di Vienna sopra operata; il giudice di rinvio provvederà anche in ordine alle spese
del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese
del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Venezia in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella adunanza camerale della sezione seconda civile, in data 14 febbraio
2020.}}

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