Data

Date:
06-02-2009
Country:
Italy
Number:
R.G. 8850/05
Court:
Tribunale Catania
Parties:
Consorzio FIMEDIL S.C.A.R.L. v. TEKIND S.R.L.

Keywords

LONG-TERM CONTRACTS - CONSTRUCTION CONTRACT - BETWEEN TWO ITALIAN COMPANIES - REFERENCE TO UNIDROIT PRINCIPLES AS A MEANS OF INTERPRETING APPLICABLE DOMESTIC LAW (ITALIAN LAW)

CONTRACT TERMINATION - RESTITUTION OF PERFORMANCES RENDERED - ALLOWANCE OF MONEY IF RESTITUTION IN KIND IMPOSSIBLE OR INAPPROPRIATE - REFERENCE TO ARTICLE 7.3.6(1)[ART. 7.3.6(2) OF THE 2010 EDITION] UNIDROIT PRINCIPLES

Abstract

Two Italian companies entered into a works contract for the construction of a water purifying plant. Once completed the plant proved to be seriously defective prompting the owner to bring an action for termination of the contract.

The Court, having found that the plant's defects were such as to make it absolutely useless for the purpose for which it had been built, declared the contract terminated in accordance with Article 1455 of the Italian Civil Code. Moreover, in accordance with Article 1458 of the Italian Civil Code the Court ordered the parties to return what they had received under the contract. However, since restitution in kind of some parts of the plant was not possible or appropriate because the owner wanted to keep them, the Court granted the contractor an allowance in money corresponding to the value these parts had for the owner. In support of its decision the Court not only pointed out that a similar solution is adopted in both civil law and common law systems but expressly referred to Article 7.3.6 (1) [Art. 7.3.6(2) of the 2010 edition] of the UNIDROIT Principles stating that „[i]f restitution in kind is not possible or appropriate allowance should be made in money whenever reasonable”.

Fulltext

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato in data 06.08.2005 il Consorzio Fimedil conveniva in giudizio la Tekind S.r.l. al fine della declaratoria d'intervenuta risoluzione del contratto di appalto del 23.04.2003, avente ad oggetto la "realizzazione di un impianto di depurazione per acque reflue prodotte da una comunità civile costituita da 1.200 individui" per inadempimento di parte convenuta, con condanna di quest'ultima alla restituzione in favore di parte attrice del corrispettivo già indebitamente percepito, oltre al rimborso delle spese eseguite dal Consorzio Fimedil per l'esecuzione del contratto, nonché al risarcimento dei danni subiti da quest'ultimo a causa dell'inutilizzabilità dell'impianto e dai costi sostenuti e sostenendi per lo smaltimento dei reflui; ciò previa declaratoria dell'inesistenza in capo alla Tekind S.r.l. di qualsivoglia diritto di credito nei confronti del Consozio attore, nonché della nullità di talune clausole vessatorie inserite nel predetto contratto meglio ivi indicate.

[...]

Con comparsa di costituzione e risposta e domanda riconvenzionale depositata in data 15.11.2005 si costituiva in giudizio la Tekind S.r.l. la quale contestava l'inadempimento dedotto dalla controparte per aver asseritamente adempiuto in maniera compiuta alla fornitura ed installazione dell'impianto di depurazione dei reflui oggetto del suindicato contratto d'appalto, chiedendo in via riconvenzionale il saldo pattuito per i lavori eseguiti, nonché il pagamento di asserite consulenze tecniche non incluse in contratto.

[...]

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il Consorzio Fimedil ha chiesto la risoluzione del contratto di appalto ed il conseguente risarcimento dei danni.
- In linea di principio occorre premettere che "la risoluzione del contratto di appalto è ammessa nella ipotesi in cui l'opera, considerata nella sua unicità e complessità, sia assolutamente inadatta alla destinazione sua propria in quanto affetta da vizi che incidono in misura notevole sulla struttura e funzionalità della medesima sì da impedire che essa fornisca la sua normale utilità, mentre se i vizi e le difformità sono facilmente e sicuramente eliminabili, il committente può solo richiedere, a sua scelta, uno dei provvedimenti previsti dal primo comma dell'art. 1668 c.c., salvo il risarcimento del danno nel caso di colpa dell'appaltatore; a tal fine, la valutazione delle difformità o dei vizi deve avvenire in base a criteri obiettivi." Cass. civ., Sez. II, 15/03/2004, n.5250.
[...]

In definitiva quindi si tratta di vizi che incidono in misura notevole sulla struttura e funzionalità dell'impianto sì da impedire - come visto - che esso possa fornire la sua normale utilità perché inadeguato e sottodimensionato.
In termini di incidenza quantitativa i costi occorrenti a consentire un regolare funzionamento sono stati quantificati dal CTU in misura (€ 25.400,00) percentualmente di poco inferiore ad un terzo dell'inero costo e pertanto di rilevanza notevole nell'economia complessiva.
Va quindi accolta la domanda di risoluzione con conseguente diritto alla restituzione di quanto già versato (ossia €. 88.341,68).
La risoluzione comporta infatti (non vertendosi in ipotesi di contratto di durata) gli effetti restitutori di cui all'art. 1458 c.c.
Per le opere già eseguite che il committente intende utilizzare ovvero che a lui ormai appartengono iure accessionis per esser state incorporate nell'immobile di sua proprietà compete tuttavia all'appaltatore (pur se in colpa) un diritto ad ottenere l'equivalente economico delle stesse.

[...]

A ben vedere tuttavia sul piano dogmatico quel diritto dell'appaltatore va affermato come conseguenza diretta degli effetti restitutori di cui allo stesso art. 1458 c.c., convertendosi il valore delle opere non restituibili nel loro equivalente economico secondo il principio pretium succedit in locum rei (cfr. Cass. n. 3827/82)

[...]

Soluzione questa che trova del resto aggancio nei Principi Unidroit sui contratti commerciali internazionali (art. 7.3.6) secondo cui se non è possibile la restituzione in natura questa deve esser fatta per equivalente in denaro, sempre che ciò sia ragionevole.
In tal modo anche sul piano restitutorio si applicano i principi dell'arricchimento ingiustificato che tengono conto dell'eventuale squilibrio che verrebbe altrimenti a crearsi (nei paesi di common law che non seguono la regola della corrispettività, il principio della causa giustificativa opera anche sul terreno delle restituzioni) e che sono alla base della cd "saldo theorie" di ispirazione tedesca secondo cui, essendo le obbligazioni restitutorie reciprocamente condizionate, il creditore della prestazione restitutoria dovrà detrarre dal proprio credito un ammontare pari a quella posta a suo carico (per effetto della risoluzione) ma divenuta di fatto impossibile.

[...]

P.Q.M.

Il Giudice, definitivamente decidendo, così provvede:
- dichiara risolto per inadempimento della convenuta Tekind il contratto per cui è causa;
- condanna la predetta società convenuta al pagamento, in favore del Consorzio Fimedil S.c.a.r.l., per la causali di cui in motivazione, della complessiva somma di € 34.122,83 oltre interessi legali dalla domanda al soddisfo.
- condanna la convenuta al pagamento delle spese processuali che liquida in € 3.800,00 per onorario; € 2.200,00 per diritti; € 348,00 per spese vive, nonché al rimborso del 50% delle spese di CTU già anticipate, oltre spese generali iva e c.p.a.
Così deciso in Catania 6.2.09}}

Source

}}